VERGINE NUOVA Donna che, dopo aver avuto uno o più rapporti sessuali ed aver perso la verginità con lacerazione dell’imene, si è sottoposta ad un intervento di ricostruzione dell’imene (imenoplastica) acquistando una fittizia verginità fisica.
ANTROPOLOGIA: Nell’antica Cina una ragazza che fosse vergine all’età di 17 anni era guardata dalla gente come una poveretta. Per evitare l’imbarazzo, la famiglia ingaggiava un giovane per deflorarla. La ragazza si denudava, si appoggiava ad una trave della casa e si piagava in avanti; il ragazzo realizzava il coito senza mai vedere il volto della giovane. Anche le popolazioni indigene dell’istmo colombiano, quelle che parlavano il Chibchano, vedevano di cattivo occhio le donne che arrivavano vergini al matrimonio poiché ciò significava che nessuno si era interessata ad una donna brutta o maleducata. Per diverse tribù africane (Baholoholo, Nandi, Bandiagoro, Homlosi) l’idea di sposare una vergine non è affatto allettante. Unirsi in matrimonio con una donna che ha già avuto un figlio è garanzia che la donna sia fertile.
VERGINITÀ Condizione di chi non ha mai avuto rapporti sessuali completi. È nozione comune che nella donna lo stato di verginità sia rilevabile dalla presenza dell’imene, mentre in seguito alla deflorazione si possano osservare i soli lobuli imeneali. Nell’uomo non ci sono indicatori fisici di verginità, benché se molti ritengano che la rottura del frenulo del pene rappresenti un sicuro evento conseguente al primo rapporto sessuale, mentre la rottura del frenulo non sempre avviene anche nei casi di frenulo corto. Anche per la donna, la rottura dell’imene non è una prova certa di un avvenuto rapporto sessuale, in quanto l’imene può aver subito lacerazioni per l’attività fisica, l’uso di assorbenti interni o tramite la masturbazione se vengono inserite in vagina le dita od oggetti. Inoltre l’imene può essere congenitamente molto sottile e fragile così da lacerarsi ben prima che avvenga il primo rapporto sessuale o non offrire alcuna resistenza all’inserimento del pene tale da dare la percezione di un’assenza. Un imene più resistente, invece, può mantenersi del tutto integro anche dopo diversi rapporti sessuali. La verginità femminile perciò non può essere provata con certezza matematica unicamente in base alla presenza od assenza dell’imene. Oltretutto vi sono diverse attività sessuali che non implicano la penetrazione vaginale (sesso anale) e che compromettono l’illibatezza della persona senza intaccare la verginità genitale (→ vergine fisica). La verginità, soprattutto quella femminile, ha rappresentato un valore per la quasi totalità delle culture e nonostante il fatto che nei paesi industrializzati la verginità non sembri più essere un valore determinante, nondimeno persiste un doppio standard culturale secondo il quale la perdita della verginità per il maschio rappresenta una meta da raggiungere nel minor tempo possibile, mentre per la ragazza il medesimo comportamento è associato spesso ad un giudizio sociale negativo. Ne deriva che ad una vergine vengano attribuite doti morali superiori rispetto ad una ragazza che ha avuto rapporti sessuali e quindi, anche se oggi in misura minore, maggiori e migliori possibilità di trovare un compagno di status sociale superiore. L’antropologia suggerisce che l’importanza attribuita da quasi tutte le culture alla verginità derivi dal fatto che la donna, dimostrando illibatezza, dimostri di non aver mai partorito. Da un punto di vista evoluzionistico la verginità rassicurerebbe il maschio non solo circa la serietà e la potenziale fedeltà della compagna ma soprattutto rispetto al fatto che non rischia di dover allevare il figlio nato da un altro uomo. Nella società occidentale non si è ancora giunti ad un’assenza valoriale relativamente alla verginità e il primo rapporto sessuale, quindi la perdita della verginità, è considerato un importante evento di passaggio nella vita dell’individuo. ¶ Dal lat. virginitas, che è dal gr. orgas = Forgàs, fanciulla matura al matrimonio.
TESTIMONIANZA: “Io ho 26 anni, mi sposo tra quattro mesi, sono fidanzata con il mio amore da 10 anni e, se pure con un po’ di sofferenza, ‘da entrambi le parti’, perché non ti nego che la voglia c'è, c'era e ci sarà sempre, abbiamo voluto aspettare, e non puoi immaginare quanto siamo felici di averlo fatto. Ora che finalmente stiamo per ‘unirci’ in matrimonio, ci rendiamo conto che ci siamo fatti un regalo immenso, ci siamo conservati un momento indimenticabile” (Link)
TESTIMONIANZA: “Secondo me la verginità è un valore, va donata (sì, perché per me è un dono) alla persona che si ama, ma non necessariamente a quella che si deve sposare. Anzi lo trovo controproducente, vi dico questo perché a me è successo così, sia io che mio marito abbiamo avuto il nostro primo rapporto insieme, ci siamo sposati 19 anni fa che eravamo ancora due bambini e ora mi ritrovo un marito che sente il bisogno di avere nuove esperienze, perché averlo fatto solo con me non lo fa sentire appagato come uomo (anche solo per curiosità ma le corna prima o poi te le mettono), quindi per esperienza vissuta non credo nel rapporto dopo il matrimonio, anzi lo sconsiglierei anche a mia figlia, bisogna vivere la sessualità serenamente ma senza concedersi con facilità sempre e solo per amore, a prescindere che poi la storia duri o finisca ma nel momento che lo si fa bisogna crederci nella storia d'amore che si sta vivendo” (Link)
TESTIMONIANZA: “Secondo me siamo di fronte ad un errore concettuale di base. Dire che la verginità È un valore è una cosa MOLTO diversa da dire che la verginità HA un valore. La seconda affermazione è vera in quanto assolutamente soggettiva. La verginità può infatti avere o non avere un valore per la singola ragazza, a seconda del suo credo, della sua indole, perfino del suo romanticismo, ecc. La prima affermazione invece non è corretta. Un ‘valore’ in senso assoluto è un concetto astratto, non può essere incarnato dallo stato fisico di una donna che possiede o non possiede (più) l'imene.... non ha senso! Sarebbe come se metteste l'integrità dell'imene sullo stesso piano di concetti come, tanto per dire, l'etica, l'amore, la fede (se siete credenti), o tutti gli altri valori sui quali le persone si sono sempre interrogate e ai quali tendiamo, dopo aver fatto le nostre scelte individuali. L'imene con questo non c'entra niente. Diverse ragazze in questo forum hanno parlato della verginità come di un ‘dono’ da dare al ragazzo che amano. Bene, assumendo il vostro punto di vista per un secondo, voi regalate qualcosa che per voi HA un valore, non regalate ‘un valore’, vi pare? Quindi basta dire che la verginità è un valore per favore.... non si può davvero sentire” (Link)
VERGOGNE Di solito sempre al pl. (vergogne) per indicare le parti del corpo che, per decenza e vergogna, vanno tenute coperte. Sin. di genitali esterni.
VERRUCA GENITALE Sin. di papilloma venereo.
VERSATILE Individuo che gode del rapporto sessuale sia nel ruolo di Top che di bottom, cioè sia come dominante o attivo che come sottomesso o passivo. Sin. di switch.
VESCICOLA SEMINALE Anche spermatocisti, gonocisti o vescichetta seminale. Ghiandola tubulare, pari, posta fra la superficie posteriore della vescica urinaria e il retto, separata dalla vescicola seminale controlaterale dal dotto deferente. Il dotto escretore della vescicola si apre sull’ampolla dei dotti deferenti in un solco posto alla base della prostata. Esse hanno una lunghezza di circa 10 cm ma, data la struttura strettamente ripiegata in lunghe anse, la lunghezza apparente è di circa 5 cm: l’altezza delle cellule colonnari che compongono parte dell’epitelio del lume della vescicola è influenzata dal livello di testosterone presente nel sangue. Benché si possa trovarne traccia all’interno, le vescicole seminali non hanno la funzione di deposito per gli spermatozoi bensì producono una secrezione alcalina contenete aminoacidi, proteine, fosforilcolina, vitamina C, prostaglandine e soprattutto fruttosio (1,5-6,5 mg/ml) che rappresenta il liquido di sospensione per gli spermatozoi; questa secrezione compone circa il 70% del volume totale del plasma seminale. L’alcalinità del fluido prodotto permette agli spermatozoi di sopravvivere nell’ambiente vaginale che di norma ha un pH acido mentre il fruttosio rappresenta una riserva di energia per gli spermatozoi al fine di garantirne la motilità.
VESTIBOLODINIA O vestibolite vulvare cronica. Forma specifica di vulvodinia che colpisce solo il vestibolo, caratterizzata da dolore conseguente al tocco della zona interessata. Rapporti sessuali, inserimento di assorbenti interni, pantaloni stretti, visite ginecologiche ed attività che implichino una pressione sulla zona vulvare causano sensazione di bruciore e dolore acuto. ¶ Comp. da vestibolo (vulvare) + gr. odyne, dolore.
VESTIBOLO VULVARE Anche vestibolo vaginale, o canale vulvare. Parte della vulva compresa fra le piccole labbra, delimitata nella parte superiore dal clitoride e inferiormente dalla fossa navicolare. Alcuni considerano il vestibolo solo la zona che si estende dal clitoride al meato uretrale. Sul vestibolo vulvare si affacciano il meato uretrale, l’ostio vaginale, gli orifizi delle ghiandole di Skene e quelli delle ghiandole di Bartolini. ¶ Dal lat. vestibulum, spazio antistante l’ingresso.
VIADO Travestito brasiliano che si prostituisce sui viali pubblici. ¶ Port.: cerbiatto.
VIAGRA® 1) Nome commerciale con cui l’azienda farmaceutica Pfizer commercializza il sildenafil citrato, farmaco contro il deficit erettivo. Vedi inibitore PDE5. 2) Viagra femminile, anche viagra rosa o pillola rosa. Nome pop. dato genericamente a tutta una tipologia di farmaci, attualmente in sperimentazione, mirati ad attenuare od eliminare il disturbo da desiderio sessuale ipoattivo nelle donne che dovessero assumerli. Nonostante il nome diffuso dai media, quello che sarà il farmaco contro la disfunzione sessuale femminile non agirà come un inibitore PDE5; se una donna assumesse il Viagra®, infatti, non otterrebbe altro che un aumento dell’afflusso sanguigno in zona clitoridea e vulvare ma a parte questa congestione pelvica non sentirebbe nessuna amplificazione del desiderio sessuale né godrebbe di più nel coito. Le sostanze chimiche attualmente in sperimentazione sono di tre categorie: antidepressivi che agiscono sui livelli di serotonina, ormoni androgeni e altri tipi di ormoni. Gli antidepressivi e il testosterone hanno dimostrato di sortire evidenti effetti nell’aumento del desiderio sessuale ma le controindicazioni sono molteplici, così come gli effetti secondari. Il bremelanotide, versione sintetica di un ormone coinvolto nella pigmentazione cutanea, è odiernamente una delle sostanze più studiate. Sviluppato come farmaco contro il cancro della pelle, il bremelanotide ha dimostrato di aumentare il desiderio sessuale nella donna senza che il desiderio possa diventare incontenibile (cosa che avrebbe reso la sostanza una potenziale droga dello stupro). I test compiuti su donne in periodo menopausale con desiderio sessuale ipoattivo diagnosticato, lasciano ben sperare rispetto alle potenzialità del farmaco anche se non mancano gli effetti indesiderati, quali un non indifferente aumento della pressione sanguigna.
VIBRATORE Termine generico applicabile a tutti i prodotti dell’oggettistica sessuale che, tramite un oscillatore interno, generano vibrazioni. Comunemente con il termine vibratore ci si riferisce ad un fallo artificiale corredato di meccanismo di vibrazione anche se in effetti esistono diversi altri prodotti di forma ben diversa corredati di oscillatore e quindi anch’essi definibili vibratori. Benché la commercializzazione del vibratore come oggetto prettamente legato alla sfera sessuale sia iniziata nella prima metà del XX secolo, l’idea che vibrazioni artificiali applicate all’area pubica potessero arrecare giovamento nacque in seno alla ricerca per la cura di quello che un tempo veniva indicato come furore uterino. Il vibratore fu sviluppato per automatizzare il massaggio pelvico che ben prima del XIX secolo era uno dei pochi mezzi terapeutici per alleviare i sintomi di ciò che era considerata una patologia a carico dell’utero ma che altro non era se non desiderio sessuale insoddisfatto. Intorno al 1860 apparve in Britannia il “Manipulator”, il primo vibratore alimentato a vapore inventato da George Taylor al quale seguì, una ventina di anni dopo, il vibratore elettrico inventato da Mortimer Granville (e commercializzato da Weiss) il quale considerava immorale l’uso del dispositivo se non per la stimolazione muscolo-schelettrica maschile. I vibratori conobbero una larga diffusione in ambiente ospedaliero e nei centri benessere rimanendo però sempre legati all’ambito della terapia medica e riabilitativa. Solo nel 1902 la compagnia statunitense Hamilton Beach brevettò un dispositivo elettrico mirato alla commercializzazione domestica anche se fu pubblicizzato come massaggiatore vibrante senza che venisse fatta esplicita allusione al potenziale erogeno del dispositivo. Fino agli anni ’20 del XX secolo la pubblicità dei vibratori era diffusa su ogni tipo di periodico e quotidiano statunitense ma, dopo la comparsa dei primi film pornografici nei quali venivano usati tali oggetti, la pubblicizzazione e la vendita dei vibratori subì una sensibile diminuzione dato che l’utilizzo di essi venne associato ad una pratica non più consona ad una sessualità “normale”. Solo intorno al 1940 furono commercializzati vibratori progettati appositamente per uso sessuale; tuttora vale la pratica di pubblicizzare buona parte dei vibratori come massaggiatori per il corpo anche se l’inequivocabile forma non lascia dubbi sull’utilizzo finale dell’oggetto. Fu suggerito fin dalla fine degli anni Quaranta, che l’utilizzo del vibratore potesse avere un qualche valore terapeutico per le donne sofferenti di anorgasmia ma fu solo nel 1974 che la psichiatra Helen S. Kaplan illustrò come l’uso del vibratore (o del fallo artificiale non vibrante) potesse trovare posto con successo in una terapia sessuale più ampia mirata all’eliminazione del vaginismo e dell’anorgasmia. Mentre nei paesi anglosassoni (specialmente negli USA) la diffusione di tali oggetti sia a scopo masturbatorio sia come coadiuvanti della sessualità di coppia (marital aid) è ampia, in Italia permane l’idea che l’utilizzo di essi pertenga ad una dimensione sessuale pervertita od estrema. Il più delle volte, nonostante la curiosità, è proprio il partner maschile che ne evita l’acquisto per il timore che la propria compagna possa preferire il piacere generato dall’oggetto rispetto alla stimolazione offerta dal pene. Per motivi non troppo dissimili da questo, e che hanno a che fare con un timore di virilità minacciata, l’uomo che acquista un vibratore a forma fallica può arrivare a prestare attenzione al fatto che le dimensioni dell’oggetto non siano diverse e soprattutto superiori a quello del proprio organo genitale. Uno dei più comuni fattori che limita l’uso di tali dispositivi è la sensazione che l’artificiosità dell’oggetto e delle sensazioni generate da esso si frappongano ad una supposta naturalezza del rapporto sessuale che non vuole altri “interpreti” se non le persone impegnate nell’atto. Vale la pena ricordare che qualsiasi elemento inanimato introdotto nel rapporto sessuale è manovrato da una persona ed è al servizio del piacere delle persone che lo usano; di per sé il vibratore non ha nessun potere erogeno. È necessario che l’utilizzo di tali oggetti sia calibrato con il gusto soggettivo e le reazioni di chi li usa: un utilizzo non attento e grossolano non solo non procurerà alcun piacere ma potrebbe causare anche dei danni fisici. La maggior parte dei vibratori funziona tramite l’uso di batterie interne ma vi sono varianti con spina a muro, con batteria ricaricabile od altri che sfruttano il flusso d’aria generato da un aspirapolvere. Alcuni modelli, inoltre, possono sincronizzarsi con il ritmo musicale generato da un cellulare o da un sistema hi-fi. Se si decidesse di associare l’utilizzo di lubrificanti all’uso del vibratore occorre dotarsi di lubrificanti a base d’acqua che, oltre ad essere anallergici, non intaccano il lattice con cui spesso vengono costruiti tali oggetti. È bene che gli oggetti che vengono a contatto con le zone intime siano detersi prima e dopo l’utilizzo. Quasi tutti i vibratori posono essere classificati in sette categorie. A forma fallica. La forma più nota per gli oggetti definiti comunemente vibratori. Nati come “spot massager” (massaggiatori di una precisa zona corporea), essi sono progettati per consentirne l’inserimento nel canale vaginale o nel retto. Sono realizzati in diversi materiali ma in genere si tratta di materiale sintetico anallergico (silicone, lattice) più o meno rigido; non mancano i modelli in metallo e vetro. La forma può variare da una vagamente fallica a quella di un calco che simula in tutto e per tutto l’aspetto di un pene umano. Vi sono di varia lunghezza e larghezza. In genere sono dotati di un controllo che consente di regolare la forza della rotazione dell’oscillatore e quindi l’energia delle vibrazioni. Una variante è rappresentata dai vibratori disegnati appositamente per stimolare il punto G, di norma composti da un corpo più sottile incurvato che, una volta inserito in vagina, indirizza la punta del vibratore precisamente verso quell’ineffabile punto. A doppia o tripla area. Vedi rabbit. Stimola clitoride, vedi rocket e butterfly. Piccoli vibratori di diversa foggia disegnati espressamente per la stimolazione clitoridea. Uova, vedi uovo vibrante. Anali. Disegnati per essere inseriti nel retto e quindi dotati, nella parte terminale, di una protuberanza che impedisce all’oggetto di scivolare nell’ampolla rettale (plug anale, stimolatore prostatico). Ad anello, vedi anello penieno. Vagina vibrante, vedi vagina artificiale.
APPROFONDIMENTO: Non sono registrati casi di morte causati in modo diretto dall’uso di vibratori, tuttavia nel 2002, in USA, una donna che guidava sola sulla Interstate-95 (vicino a Washington DC), morì in un incidente stradale causato, almeno così sembra, per una distrazione dovuta all’uso di un vibratore durante la guida. Nell’autopsia le fu estratto dalla vagina un piccolo vibratore (rocket) ancora acceso. (Largo, 2006)
VICARIFILIA Eccitazione sessuale derivata dallo stato di eccitazione esperito da altri, forma vicariante di attivazione erogena che si realizza ascoltando racconti sessuali, osservando le azioni altrui o demandando al partner le decisioni circa le attività sessuali, le posizioni da assumere nel coito, etc.
VINCIFILIA Variazione sessuale di chi ama legare il partner o essere legato; il termine, nell’uso comune, è stato progressivamente sostituito da bondage. ¶ Dal lat. vincire, legare.
TESTIMONIANZA: “Mi piacerebbe, anche banalmente, ecco, mi piacerebbe essere legata. Mi piacerebbe avere un ruolo sia passivo, nel senso esser legata e avere qualcuno che gioca con me, ma anche il contrario. Mi piace molto l’idea di poter eccitare una persona, farla arrivare al massimo del desiderio, però senza che questa persona possa far niente. Però dovrei essere molto a mio agio e dovrei essere sicura che la persona abbia più o meno lo stesso desiderio. [...] Io aver le mani bloccate no, non amo che mi si leghino le braccia. Quindi io legare le mani all’altro e io, oppure l’altro, avere gli occhi legati... cioè bendati. La cosa bella di legare le mani all’altro è l’idea di riuscire ad eccitarlo senza che ci sia contatto fisico. Lui non si può affidare al tatto, è un’eccitazione legata a quello che faccio io, non a qualcosa che fa lui, quindi è totalmente tutto in mano mia. Il suo piacere sessuale non è legato al toccarmi il seno o qualsiasi altra cosa ma è legato a qualcosa che faccio io proprio in quel momento [...] Mi piace l’idea di riuscire ad eccitarlo io da sola” (t.r.a.)
VINTAGE Categoria del porno che riguarda immagini o video hard prodotti negli anni ’70 o precedentemente. → stag film. ¶ Ing.: modernariato.
VIOLENTARE Obbligare con la violenza una persona a rapporti sessuali, da cui violentatore, soggetto che compie abuso sessuale o stupro. ¶ Dal lat. violentus, affine a vis, forza, violenza.
VIOLENZA SESSUALE Coercizione a compiere o subire atti sessuali mediante violenza fisica o minaccia. Benché nel linguaggio comune si tenda ad equiparare la violenza carnale (o stupro) a quella sessuale, la prima descrive nello specifico quegli atti di violenza in cui vi sia stata congiunzione carnale. Nonostante esista una casistica che illustra casi di violenza sessuale perpetrata da donne ai danni di uomini, nella stragrande maggioranza dei casi l’atto violento è agito da uno o più uomini (violenza sessuale di gruppo) contro una donna. La violenza sessuale è un evento traumatico che non genera una risposta e delle conseguenze univoche nelle vittime. Alcune donne riescono più di altre ad elaborare e superare l’accaduto senza una grave compromissione della qualità di vita; questo però è relativo al tipo di violenza. Le violenze più gravi sovente generano nella persona una reazione di diffidenza e freddezza relazionale, circospezione, sfiducia negli uomini e aggressività. La legge 66 del 15 febbraio 1996 ha affermato il principio secondo il quale la violenza sessuale è un crimine contro la persona e non più, come in precedenza, un reato contro la morale pubblica; l’articolo 609-bis del codice penale punisce qualsiasi limitazione dell’autodeterminazione sessuale della persona offesa (e quindi non solo lo stupro) con la reclusione da 5 a 10 anni o più, in caso di aggravanti (violenza sessuale di gruppo, contro minore di 14 anni, relazione di parentela, altro).
APPROFONDIMENTO: Da una ricerca ISTAT compiuta nel 2006 su “La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia” risulta che, fra le donne italiane: il 3,5% ha subito violenza sessuale e lo 0,3% ha subito stupro o tentato stupro. Tra tutte le forme di violenza, le più diffuse sono le molestie fisiche cioè essere toccata sessualmente contro la propria volontà (79,5%), aver avuto rapporti sessuali non desiderati e quindi vissuti come violenza (19 %), il tentato stupro (14%), la violenza carnale (9,6%) e per ultimi i rapporti sessuali umilianti e degradanti (6,1%). I responsabili della violenza sono nella maggioranza dei casi (87,1%) il compagno o un conoscente, mentre gli sconosciuti commettono soprattutto molestie fisiche sessuali, stupri o tentati stupri solo nel 4,5% dei casi. Un milione e quattrocentomila donne hanno subito violenza sessuale prima dei 16 anni e solo nel 24,8% dei casi l’autore delle violenze era uno sconosciuto: nel 24,7% dei casi si trattava di un conoscente, nel 23,8% di un parente (nella maggioranza dei casi si tratta dello zio), nel 9,7% di un amico di famiglia e nel 5,3% di un amico; il 53% del campione ha dichiarato di non aver mai parlato a nessuno dell’accaduto. La familiarità con l’aggressore comporta spesso il fatto che la vittima minimizzi e/o taccia l’accaduto anche per paura di conseguenze, il che spiega come mai il 91,6% degli stupri non venga denunciato. Di fatto, nel caso di uno stupro o tentata violenza carnale perpetrata da un familiare, solo il 26,5% delle donne lo ha considerato un reato: all’omertà concorrono anche fattori quali vergogna, autocolpevolizzazione e sfiducia nelle istituzioni. La donna che ha più probabilità di subire violenza sessuale, sempre basandosi sui dati ISTAT, è separata o divorziata, vive nel Centro Italia o nel Nord-Est, ha una vita sociale attiva che la porta spesso fuori di casa ed ha già subito, in età infantile od adolescenziale, un episodio di violenza. Esisterebbe infatti una relazione tra l’aver subito violenza nell’infanzia e la vittimizzazione da adulti; in questo caso il rischio di violenza sessuale da adulte raddoppia. Poiché i comportamenti violenti tendono ad essere transgenerazionali, una donna che si lega ad un uomo che ha subito violenza o che è cresciuto in una famiglia nella quale ha assistito ad episodi di violenza, corre un rischio maggiore di subire a propria volta violenza da quello stesso partner.
VIOLET WAND O violet ray. Strumento utilizzato per l’applicazione di scariche elettriche di moderata intensità, venduto originariamente come dispositivo medico elettroterapico ma diffuso soprattutto nella subcultura sadomasochista per i giochi sessuali di elettrotortura. È essenzialmente formato da un tubo cavo di vetro in cui è contenuto un gas che sotto tensione assume un colore viola, ma differenti miscele di gas possono generare altri colori. La differenza di potenziale elettrico fra il tubo e la pelle del soggetto che si sottopone all’elettrotortura, genera archi elettrovoltaici che procurano pizzicore o, se regolato su livelli più intensi, vere e proprie ustioni; il contatto diretto fra il tubo e la pelle dà luogo solo a una moderata sensazione di calore. Gli archi voltaici a contatto con la pelle non solo sviluppano un odore tipico per l’ozono generato ma possono incendiare facilmente gli indumenti sintetici. La violet wand è anche nota come ultraviolet wand poiché, erroneamente, si crede possa produrre raggi ultravioletti. ¶ Dall’ing. violet, viola + wand, bacchetta.
VIOLINO ANALE Oggetto per uso sessuale composto da una piccola sfera d’avorio, metallo, legno o altro materiale rigido al quale è agganciata una corda di violino (in origine il baffo di un felino); una volta inserita la sfera nel retto, viene tesa la corda che può essere fatta vibrare con un archetto. Il violino anale era particolarmente popolare in Oriente, in special modo fra gli eunuchi dell’Impero Ottomano.
STORIA: L’esploratore spagnolo Bernal Díaz del Castillo (1492-1584) ci fa sapere nel suo “Historia Verdadera de la Conquista de la Nueva España” che gli antichi messicani avevano l’abitudine di inserirsi nel retto delle canne vuote e di far scorrere in esse una sostanza alcolica; la cosa non risultava solo sessualmente eccitante ma li rendeva anche ubriachi.
VIRAGO Donna provvista di requisiti psicofisici (forza, coraggio, risolutezza) che per tradizione sono attribuiti all’uomo, o semplicemente sin. di donna molto mascolina. La condizione della virago è detta viraginità, il corrispettivo dell’effeminatezza nell’uomo. ¶ Dal lat. vir, uomo + tema di agere, agire, cioè che agisce come un uomo.
STORIA: Secondo una tradizione, Virago è il nome biblico latino che Adamo diede alla prima donna nata da una sua costola; successivamente il nome fu cambiato in Eva.
VIRAGOFILIA Attrazione parafilica di tipo masochistico per donne dominanti, volitive ed estremamente energiche, che si può declinare in un semplice piacere voyeuristico legato all’osservazione di lotta fra donne (catfighting, lotta nel fango), film di super-eroine o altri personaggi femminili virili (virago), oppure si concretizza in pratiche BDSM.
VIRILITÀ 1) Età biologica dell'uomo il cui sviluppo fisico e psichico è completamente ultimato. 2) Prestanza sessuale maschile. 3) Qualità comunemente ritenute proprie dell’uomo forte, quindi virile. ¶ Dal lat. virilis, der. da vir, uomo in quanto maschio adulto.
VIRIPOTENZA Forza e validità sessuale dell’uomo, intese sia come potentia coeundi, capacità di realizzare il coito, sia come potentia generandi, capacità di fecondare. ¶ Dal lat. vir, uomo + potentia, potenza.
VIROPAUSA Sin. di andropausa. ¶ Dalla radice lat. vir, uomo + pausa, cessazione.
VIS GRATA PUELLAE Loc. latina che si riferisce alla presunta accondiscendenza della donna vittima di una violenza sessuale. Tale detto trovò spazio nella giurisprudenza in difesa di uomini accusati di stupro, partendo dal presupposto che la ritrosia femminile a non accettare l’atto sessuale fosse fondamentalmente un atteggiamento di facciata: un certo grado di violenza e coercizione da parte dell’uomo sarebbero stati elementi previsti dalla donna che quindi, in qualche misura, avrebbe potuto anche gradire l’aggressività maschile. Si tratta ovviamente di una considerazione che parte da un punto di vista maschilista e di comodo. Nonostante ciò, permane subdolamente nel pensiero comune l’idea che alcune donne possano provocare ed anche gradire la violenza sessuale. ¶ Lat.: violenza gradita alla fanciulla. Origine attribuita ad Ovidio in Ars Amatoria, Libro I, I. 673-674.
ANTROPOLOGIA: Le donne dei Kogi, una tribù Colombiana, erano solite compiere delle imboscate ai danni degli uomini per poi violentarli sessualmente.
VISIBILITÀ Condizione dell’omosessuale che non solo ha rivelato il proprio orientamento (outing) ma che usa se stesso come modello di riferimento per coloro che vivono tale orientamento sessuale come un problema, nonché per dare dignità alla condizione omosessuale. Una visione omofoba legge nella visibilità, anche se agita con moderazione e rispetto, un’ostentazione sgradevole di omosessualità.
VISUALISMO Forma di voyeurismo in cui l’eccitazione è legata all’osservazione di se stessi, di altre persone o di animali durante l’atto sessuale. ¶ Coniato dal medico Magnus Hirschfeld (1868-1935).
VITTORIANO In ambito sessuale, atteggiamento o idee che richiamano il pudore formale ed eccessivo caratteristico del regno britannico all’epoca in cui regnò la Regina Vittoria (1837-1901).
STORIA: Il “linguaggio dei fiori” nacque in seno all’epoca vittoriana per ovviare al divieto morale di scrivere o discutere apertamente delle sensazioni e delle emozioni sessuali.
VIZIO INGLESE Sin. di flagellazione o spanking e, in senso più ampio, decisa predilezione per le pratiche masochistiche. Percuotere le natiche o la schiena con una lunga canna era uno dei sistemi di punizione del sistema legale di alcune colonie britanniche per reati minori e sessuali.
VIZIO SEGRETO Anche vizio solitario, sin. di masturbazione. Definizione nata nel XIX sec. in epoca di grandi pudori sessuali nei quali si riteneva che la masturbazione fosse un dei vizi peggiori, quindi da tenere segreto.
STORIA: “I dati dai reports annuali del manicomio statale del Massachusetts, mostrano che […] i lavori leggeri e sedentari favoriscono molto la formazione del vizio solitario e, al contrario, un’occupazione attiva all’aperto sortisce un effetto opposto. Quindi, fra i negozianti, gli stampatori, gli studenti e i calzolai, il 50% dei disturbi mentali derivano dalla masturbazione e solo il 12% dall’intemperanza; mentre fra i carpentieri, i fabbri e coloro che sono attivamente impiegati, il 35% della patologia mentale deriva dall’intemperanza e solo il 13% dalla masturbazione […] Questi fatti dovrebbero essere attentamente soppesati dai genitori nel momento in cui scelgono un lavoro per i loro figli” (Hollick, 1845)
VIZIOSO Persona caratterizzata da abitudini sessuali radicate e per lo più scorrette; nell’uso comune spesso usato come sin. di pervertito.
VIZIO TEDESCO Loc. Sin. di omosessualità maschile, che ebbe origine in Francia come epiteto diffamatorio conseguente allo scandalo Harden-Eulenburg (1907-1909) in cui esponenti di spicco della cerchia dell’imperatore Guglielmo II furono processati con l’accusa di aver avuto rapporti omosessuali, al tempo illegali in Germania.
VOLUTTÀ Piacere intenso che si prova nel soddisfacimento del desiderio sessuale. ¶ Dal lat. voluptas, cosa piacevole.
VOMEROFILIA Sin. di emetofilia. ¶ Dal lat. vomere, vomitare.
VORAREFILIA Parafilia simile all’antropofagofilia nella quale la fantasia sessuale centrale è quella di essere mangiati, di mangiare o di osservare il processo di cannibalizzazione e, in alcuni casi, di digestione e assimilazione. La differenza sostanziale rispetto all’antropofagofilia è che nella vorarefilia la pulsione cannibalica non è agita ma rimane solo una fantasia sessualmente gratificante; la maggior parte di coloro che hanno fantasie cannibaliche e/o vengono eccitati dalla visione di tali immagini, sono assolutamente coscienti dei limiti della fantasia stessa e non hanno nessun desiderio o non proverebbero nessun piacere a tramutarla in realtà. La vorarefilia è caratteristica di soggetti con uno spiccato erotismo orale, un certo grado di aggressività e una forte tendenza all’incorporazione del soggetto amato. Il vorarefilo può essere un soggetto molto geloso, timoroso della perdita e della solitudine o, reattivamente, un solitario che nega con il proprio distacco dagli altri l’inconscio bisogno di essi. → endosomatofilia. ¶ Dal lat. vorare, divorare, ingoiare.
VOYEURISMO Irrefrenabile tendenza di chi (voyeur) si eccita e si gratifica sessualmente in maniera pressoché elettiva osservando, a loro insaputa, persone che si spogliano, che sono impegnate in atti sessuali o comunque in situazioni intime. Il voyeurismo si distingue dal naturale piacere e da l’istintiva curiosità di osservare la nudità e gli atti sessuali per la sua natura compulsiva e ossessiva: il soggetto voyeurista non cerca un contatto più stretto con coloro che osserva ma raggiunge una piena gratificazione, in genere legata a masturbazione, solo per il fatto di osservare e rievocare ciò che ha spiato. Il voyeurismo è associato tipicamente al sesso maschile ma non mancano casi femminili. L’esordio di solito avviene prima dei 15 anni ed è un comportamento sessuale che tende a cronicizzare. Il soggetto voyeurista può arrivare a impiegare tempo ed energie nel cercare le persone da spiare e nel pianificare il modo in cui questo possa avvenire, prestando attenzione ai dettagli, per esempio investendo denaro per procurarsi una strumentazione adatta a catturare filmati e fotografie. Centrale per il voyeur è il fatto di catturare la visione dell’intimità di una persona senza che quest’ultima sia consapevole delle attenzioni voyeuristiche, l’eccitazione è dipendente dal fatto che ciò che viene visto è letteralmente rubato all’intimità dell’altro e ha quindi un valore di naturalezza e realtà che non avrebbe se fosse inscenato. Il piacere che si può provare nell’osservare materiale pornografico o altro materiale erotico non è ascrivibile alle attività voyeuristiche in senso stretto anche se chiaramente l’eccitazione passa primariamente dal canale visivo: in questo caso si parla di allopellia che nella maggioranza dei casi non ha carattere ossessivo né compulsivo e comunque presuppone che i protagonisti del filmato fossero consapevoli di essere oggetto di successiva osservazione. Dal momento che il voyeurismo presuppone la non consensualità di chi è spiato, il voyeur si trova sempre in una posizione d’illegalità nel momento in cui viola la privacy e la libertà altrui. Il voyeur è quindi un molestatore, anche se il termine voyeurismo è comunemente applicato, non di rado impropriamente, a molte forme di sessualità consensuale caratterizzate dalla vista come canale sensoriale erogeno. → visualismo, mixoscopia, scopofilia. ¶ Dal francese voyeurisme, derivato dal verbo voir, vedere.
TESTIMONIANZA: “Era l’idea di guardare nelle loro finestre senza che lo sapessero. Il fatto che stavo catturando un momento del loro intimo privato [...] Guardarli aveva un tale impatto su di me che non ero neanche più consapevole che mi stavo masturbando. [...] Ho avuto il miglior orgasmo da quando mio marito mi ha lasciata. Ho riflettuto su questa cosa e ho capito che guardare le coppie che fanno l’amore agisce su di me come un afrodisiaco che mi porta allo stesso livello di eccitazione di quando facevo sesso con il mio ex marito. Il voyeurismo potrebbe essere la risposta al mio problema. Guardare gli altri fare sesso, soddisfacendo le mie necessità erotiche tramite la masturbazione, potrebbe sostituire il fatto di avere un mio partner. [...] Sono diventata molto più consapevole circa la sessualità. Quando sarà il momento, e incontrerò la persona giusta, so che sarò un’amante migliore e che renderò il mio partner una persona sessualmente più soddisfatta. Aspettando quel giorno non è che mi dispero. Sono molto felice di guardare e osservare e mantenermi sessualmente gratificata” (Finz, 2004)
VULVA Complesso degli organi genitali esterni femminili comprendenti: monte di Venere, labbra vulvari, clitoride, vestibolo vulvare, bulbo vestibolare, ostio vaginale, meato urinario, ghiandole di Bartolini, ghiandole vestibolari minori (strutturalmente simili a quelle del Bartolini), ghiandole parauretrali o di Skene, imene. ¶ Dal lat. vulva che è dalla radice var-, coprire, avvolgere.
TESTIMONIANZA: “Magari tante donne non lo sanno ma i maschi parlano dell’aspetto delle patate che vedono, o ci pensano, cioè se è più o meno carnosa, se è in ordine, se è... incasinata... come dire, un fatto estetico, no?! Come le donne parlano dei nostri cosi. A ogni uomo la vulva... usiamo il nome giusto... la vulva piace in un certo modo. C’è a chi piace piccola, a chi piace più grande... in genere la vera partita si gioca sull’aspetto delle labbra [le piccole labbra]: ad alcuni piacciono carnose, ad altri piacciono piccole, cioè che non escono dalla fessura o escono poco [il soggetto intende che le piccole labbra non protrudano eccessivamente dallo iato fra le grandi labbra]. La prima volta che tiri giù le mutande ad una ragazza speri di vedere una cosa che ti piaccia, se è quella perfetta, perfetta per te intendo, hai fatto bingo. È molto più eccitante leccare e guardare una vulva che ti piace esteticamente. Poi c’è il passaggio successivo, il sapore, eccetera, ma quella è un’altra cosa. Se tiri giù quelle mutande e vedi una cosa che non ti piace, un po’ ci rimani male, anche perché è una cosa con cui dovrai avere a che fare spesso. Poi, comunque, anche se non è la vulva sei tuoi sogni, alla fine te ne fai una ragione, l’importante è che sia una vulva e non qualcos’altro!” (t.r.a.)
VULVITE Infiammazione della vulva di origine infettiva, irritativa o traumatica, il più delle volte dovuta a cattiva igiene e quindi a proliferazione batterica. La pulizia dopo la defecazione deve procedere dall’ano verso il coccige, evitando il movimento opposto che potrebbe portare i batteri (in genere Escherichia coli) presenti nelle feci verso la zona vulvare; non è rara nelle prepuberi una vulvite conseguente a infestazione parassitaria da ossiuri (Enterobius vermicularis), nematode che si insedia nell’intestino e le cui uova deposte nella zona perianale causano prurito ed irritazione. In età fertile la vulvite è in genere secondaria a infezioni vaginali (vulvovaginite). Un’eccessiva igiene intima con utilizzo di prodotti detergenti aggressivi, assorbenti esterni, biancheria intima stretta e indumenti in fibre sintetiche, sono fattori che possono causare un’ipersensibilità vulvare e conseguente infiammazione. La vulvite è abbastanza frequente in gravidanza, favorita dall’aumento di secrezioni vaginali e dall’aumentata congestione dei tessuti. Le forme acute ripetute tendono a cronicizzare e, se non curate, predispongono al cancro della vulva.
VULVODINIA O dolore vulvare cronico. Dolore e disagio vulvare di tipo cronico caratterizzato da bruciore, prurito e irritazione della zona vulvare in assenza d’infezioni od altre patologie che possano causare tali sintomi. Il dolore può essere costante od intermittente, localizzato o diffuso. Si ha vulvodinia generalizzata quando il dolore è diffuso o ha luogo in differenti aree in diversi momenti; abitualmente vi è assenza di eritema. I sintomi non sono causati necessariamente dal tocco o dalla pressione esercitata sulla vulva anche se alcune attività (rapporti sessuali, ciclismo, etc.) possono aggravarne i sintomi; tale forma è più comune in donne in menopausa. Una forma specifica di vulvodinia è la vestibolodinia, che colpisce solo il vestibolo vulvare e, rispetto alla vulvodinia generalizzata, presenta una dispareunia più accentuata. Alla vulvodinia spesso si associano altre condizioni patologiche, più comunemente vulvovaginite e dermatite vulvare. Non è tuttora noto quale sia la causa scatenante la vulvodinia benché siano state fatte ipotesi: spasmi muscolari, fattori genetici, irritazione, danno dell’innervazione vulvare, risposta abnorme di difesa cellulare dell’organismo a fattori esterni, ipersensibilità localizzata alla Candida (candidosi). In ogni caso, non essendoci evidenze che facciano pensare ad un’infezione, la vulvodinia non è il sintomo di una malattia sessualmente trasmissibile né è, in sé, trasmissibile tramite rapporti sessuali. Essendo un disturbo da dolore cronico, esso ha un impatto negativo sulla qualità di vita della donna che ne è colpita, la quale tenderà, per evitare il dolore, a limitare i rapporti sessuali ed altre attività che possano esercitare pressione sulla zona vulvare. I trattamenti medici disponibili sono mirati al solo alleviamento dei sintomi i quali possono avere remissione parziale o totale. ¶ Comp. da vulva + dal gr. odyne, dolore.
TESTIMONIANZA: “È iniziato circa 3 anni fa e sono sempre andata dai dottori solo per farmi dire che è candida o che è tutto nella mia testa! Fare sesso è insopportabile, quindi in pratica non lo facevamo (se non lo facevamo non sentivo né bruciore né dolore). Dopo ho avuto un nuovo partner (con cui sto adesso) e riesco a sopportare il sesso ma sono le conseguenze che fanno sì che il sesso non valga la pena. Per farla breve, io faccio sesso e poi mi brucia così tanto che devo fare degli impacchi per Dio sa quanto a lungo, non posso indossare slip stretti, non posso camminare o sedermi, non è possibile fare pipì anche se sento che mi scappa, poi, dopo circa 4 giorni, il dolore diminuisce e posso tonare alla normalità, poi faccio sesso e comincia tutto da capo. Adesso sto usando una crema e ho letto qualcosa sugli antidepressivi, così ho iniziato a prenderli visto che li avevo in casa per le emicranie. Proverei di tutto! L’altra notte ero sveglia come al solito per il male e ho provato a mettermi una bustina di tè ghiacciata proprio là, e ha diminuito il bruciore così ho potuto dormire qualche ora ma non è che la cosa si è risolta” (Link)
WAIST TRAINING Vedi corsetting. ¶ Ind.: addestramento del girovita.
WAKAMEZAKE Pratica sessuale nella quale si beve un alcolico dal corpo di una donna. La forma ortodossa del wakamezake vuole che la donna chiuda strettamente le proprie gambe in modo che il triangolo pubico formi una sorta di coppa, quindi verserà il sake, il tradizionale alcolico giapponese, sul suo petto così che coli verso il monte di Venere; il liquido raccoltosi in zona pubica verrà bevuto dal partner. ¶ Giap.: sake alle alghe, per similitudine fra i peli pubici immersi nell’alcolico (zake) e delle morbide alghe (wakame) che fluttuano in mare.
WANNABE Sin. di transabled, soggetto che desidera un qualche tipo di disabilità; spesso si tratta dell’amputazione di un arto. ¶ Ing.: colui che vuole essere (qualcosa o qualcuno).
WATERSPORT (WS) Insieme di tutti i giochi sessuali che coinvolgono l’urina e i cateteri, così come la categoria dei prodotti pornografici che trattano tali tematiche ¶ Ing.: giochi d’acqua.
WAX PLAY Attività sessuale relativa all’uso di cera calda che viene fatta colare su zone sensibili del corpo. Il wax play deve essere praticato con cautela poiché la cera fusa può ustionare le aree nelle quali l’epidermide è più sottile. ¶ Ing.: gioco con la cera.
STORIA: Santa Maria Maddalena de’ Pazzi (1566-1607), monaca carmelitana, pare che gradisse che altri le facessero colare sul corpo della cera calda mentre lei stava legata a letto; naturalmente tali attività non erano compiute per manifesto diletto sessuale. (Dingwall, 1962)
WEBCAM Anche solo cam. Categoria del porno relativi ad immagini o filmati realizzati con le webcam. L’elemento allettante di questi filmati è legato al fatto che, a dispetto di una qualità video generalmente scadente, essi sono stati realizzati tutti da amatori (amateur). Tuttavia ciò potrebbe non corrisponde al vero, poiché non solo vi sono produzioni che simulano l’amatorialità delle webcam ma molti di questi filmati ritraggono professioniste del sesso virtuale (webcam girl) che si spogliano e si masturbano a pagamento. Buona parte dei filmati cam vengono diffusi da chi, pagando la prestazione della ragazza davanti alla webcam, si sono premurati di registrare su disco fisso tutto il show privato, con tutta probabilità senza chiedere il preventivo permesso alla professionista.
WEBTEASE Tipo di prodotto pornografico multimediale diffuso solo in internet che combina narrazione di storie erotiche, esposizione di fotografie a contenuto sessualmente esplicito e, in alcuni casi, tracce sonore. Il fruitore del webtease viene impegnato da esso in un gioco sessuale di ruolo o di tipo semplicemente masturbatorio. ¶ Dall’ing. web, rete + tease, stuzzicare.
WEIGHT TRAINING Pratica sessuale che prevede l’addestramento a sopportare il dolore esercitato da piccoli pesi agganciati a parti del corpo che ne subiscono la trazione e l’allungamento. In genere i pesi vengono agganciati ai capezzoli, al pene, ai testicoli o alle labbra vulvari. ¶ Ing.: allenamento con i pesi.
WESTERMARCK, effetto Desensibilizzazione sessuale nei confronti di una persona con la quale si cresce nei primi anni di vita, sia essa legata da vincoli di parentela o estranea, soprattutto se la convivenza si realizza in un ambiente circoscritto. L’effetto Westermarck, detto anche imprinting sessuale inverso, spiegherebbe il motivo per cui, nella maggior parte dei casi e almeno a livello conscio, i fratelli e le sorelle non provano attrazione sessuale fra essi ed anzi sono refrattari ad immaginare il consanguineo in una situazione sessuale. ¶ Dal nome dell’antropologo finlandese Edvard Westermarck.
WET and MESSY (WAM) Insieme delle attività dimessy fun, pratiche sessuali in cui l’elemento centrale è relativo allo spalmare sul proprio corpo o su quello del partner qualsiasi sostanza semiliquida e quindi impiastrare il viso e i vestiti di tali sostanze. Il WET è anche realizzato tirandosi addosso alimenti e godere del disordine che si viene a creare sul corpo e nell’ambiente circostante. L’uso di urine e feci non rientra nel sesso WAM. Chi pratica il wet and messy è detto wammer. → inconditofilia. ¶ Dall’ing. wet, umido e messy, disordinato.
WETLOOK Nell’ambito dell’inconditofilia, sottogruppo in cui lo stimolo sessuale principale è legato all’osservazione di persone che indossano abiti bagnati o si mostrano mentre si bagnano gli abiti. Il potenziale erotico deriverebbe dal fatto che il vestito bagnato aderisce al corpo, mostrando e al contempo nascondendo le zone erogene. Le competizioni di maglietta bagnata rientrano solo parzialmente in questa categoria, nel wetlook infatti è necessario che la persona che viene bagnata risponda o simuli di rispondere con sorpresa alla doccia, al gavettone, alla caduta in piscina, ancor meglio se i vestiti bagnati sono abiti di qualità e costo elevato. Alcuni inconditofili del wetlook preferiscono che la persona s’immerga gradualmente nell’acqua, altri che l’immersione sia immediata e “inaspettata”. La reazione della modella deve sempre essere divertita e mai terrorizzata e/o umiliata, una reazione negativa spegnerebbe subito qualsiasi interesse da parte del wetlooker. ¶ Ing.: aspetto bagnato.
TESTIMONIANZA: “Un lettore di Splosh! [rivista specializzata in pratiche WAM] che si firma ‘Il Persuasore’ va online e cerca di persuadere le donne a farsi dei bagni con indosso i loro abiti di lavoro, preferibilmente quelli di colore blu marina. […] Una delle sue tecniche più fortunate è un gioco di domande e risposte; le donne che danno una risposta sbagliata devono versarsi un bicchiere d’acqua sul vestito e dirgli cosa provano. [...] Un lettore francese vuole che la sua fidanzata si vesta con la divisa da ufficiale della marina o da vigile urbano parigino. Un altro lettore desidera specificatamente vedere donne con indosso un sari [abito tradizionale indiano] bagnato” (Gates, 2000)
WET SEX Loc. che indica quelle attività sessuali nelle quali viene utilizzata l’urina. → urofilia. ¶ Ing.: sesso umido.
WIITWD Acr. di What It Is That We Do, alcune volte scritto come WIIWD (What It Is We Do), utilizzato in internet nella messaggistica fra componenti delle comunità sessuali alternative. L’acronimo nasce con la finalità di indicare tutte quelle attività sessuali alternative non comprese nel BDSM. Alcuni di coloro che non si riconoscevano nella scena BDSM ma che contemporaneamente si consideravano parte della comunità sessuale alternativa, adottarono per loro stessi l’acronimo WIITWD. La tendenza è utilizzare l’acronimo per riferirsi in maniera il più ampia possibile alla scena sessuale alternativa, senza indicare nessuna variante sessuale specifica. ¶ La prima traccia dell’acronimo si ebbe nel gruppo Usenet alt.sex.bondage in un messaggio scritto da Steven Davis il 9 gennaio 1995; Davis a sua volta attribuì esplicitamente la paternità dell’acronimo a Bill Bohrer, altro partecipante alla comunità Usnet. ¶ Ing.: Questo è ciò che facciamo.
WOOF In ambito ursino, parola onomatopeica con cui gli orsi si riconoscono e si salutano. → orso.
WORSHIP Termine ing. con cui si indica l’adorazione.
WSW Acr. di Women who have Sex with Women. Sigla indicante le donne, non necessariamente omosessuali, che hanno avuto esperienze sessuali con altri donne o che amano averne saltuariamente. ¶ Ing.: Donne che fanno Sesso con Donne.
TESTIMONIANZA: “Siamo una coppia di Dallas che cerca una donna per un threesome da farsi nelle prossime settimane. Ci sposeremo presto e vorremmo avere questa esperienza prima di quel giorno. Siamo divertenti e aperti a nuove cose a letto. Se qualche ragazza intorno ai 18-22 anni è interessata, si stenta libera di lasciarmi un messaggio e posso dare più dettagli” (Link)
XDR Abbr. di cross-dresser o x-dresser, travestito. Vedi travestitismo.
XENOFILIA O allotriorastia. Interesse e attrazione verso persone con alcune particolarità tali da renderli molto diversi dal soggetto che prova attrazione. Opposta alla xenofobia, indica generalmente l’attrazione verso individui provenienti da culture straniere. La xenofilia è un tema comune nelle opere fantascientifiche che esplorano le possibilità affettive e sessuali fra umani ed extraterrestri. ¶ Dal gr. xenos, straniero.
STORIA: Se la donna è giovane e nell’atto della copula pensa al proprio marito, o ad un altro amico, il figlio assomiglierà alla persona alla quale pensava; la verità della qual cosa è stata provata migliaia di volte. (Venette, 1688)
X-RATING Nel sistema anglosassone di classificazione censoria dei film, la X viene attribuita a pellicole pornografiche o dal deciso contenuto erotico adatte solo ad un pubblico maggiorenne; queste pellicole sono quindi X-Rated, cioè di livello X. Fino al 1968 l’X-Rating era relativo a tutti i film il cui contenuto non fosse adatto ai minori (violento, volgare, etc.) ma non necessariamente pornografico; l’X-Rating non era un marchio registrato e quindi poteva essere attribuito al film direttamente dal produttore senza che il film dovesse essere sottoposto al visto di censura. La libertà di utilizzo del marchio X per indicare film vietati ai minori si diffuse negli anni ’70 fra i produttori di pellicole pornografiche; in questo modo si esplicitava la natura sessuale dei loro prodotti. Successivamente comparvero siglature a doppia o tripla X che sottolineavano la marcata natura sessuale delle pellicole rispetto a quelle valutate con una sola X. L’abuso che si fece dell’X-Rating in ambito pornografico finì per danneggiare i film non adatti ad un pubblico minorenne ma comunque non pornografici, in quanto, condividendo la X con le pellicole hard, venivano ritenute pornografiche dai distributori i quali quindi ne limitarono la diffusione. La siglatura NC-17, registrata dall’MPAA (Motion Picture Association of America) nel 1990, indicante i film vietati ai minori di 17 anni, venne in soccorso proprio per quei film non adatti ai minorenni ma senza contenuti pornografici; l’X-Rating rimane attualmente relativo alle produzioni pornografiche. In internet diversi media erotici o pornografici vengono segnalati con una X (x-files, x-pics, x-movies, etc.).
APPROFONDIMENTO: Le cifre parlano da sole: da circa 22.000 siti web pornografici nel 1997, si è passati a 200.000 nel 2000 e a circa ai 4.200.000 del 2006 (il 12% di tutti i siti internet) per 420 milioni di pagine. Ogni secondo si spendono per la pornografia circa 3000 dollari, 28.000 utenti internet guardano material pornografico, ogni giorno vengono cercati 68 milioni di termini pornografici nei motori di ricerca (il 25% delle ricerche quotidiane globali), circa il 10% delle email circolanti al mondo sono di carattere erotico-sessuale: ogni 39 minuti, negli USA, viene creato un nuovo filmato pornografico. In Italia l’industria del porno ottiene annualmente introiti per 1 miliardo e 25 milioni di euro (come dire che ogni italiano, maschio o femmina, bambino o anziano, spende circa 20 euro all’anno per il porno); nel mondo la cifra incassata dall’industria del sesso si attesta sui 97 miliardi di dollari. Gli uomini nella fascia di età 35/49 sono i più ampi consumatori, ma le donne non sono meno curiose: le statistiche ci dicono che un utente su tre fra quelli che visitano siti pornografici sono donne, ma il 70% di esse tengono segrete questo genere di attività in rete; ogni mese 9.400.000 donne visitano siti pornografici e alcune fra loro (in USA il 13%) visitano siti porno al lavoro. (dati familysafemedia.com)
YAOI Prodotto hentai incentrato su relazioni omosessuali maschili e relativi rapporti sessuali. ¶ Acr. del giapp. YAmanashi (niente climax), Ochinashi (niente risvolti), Iminashi (nessun significato), a sottolineare la limitata cura nella costruzione dei personaggi e l’enfatizzazione dell’atto sessuale.
YIFF O yiffy. Nell’ambito della teriantropofilia, o furry fetish, tutti gli elementi sessuali legati alla passione per gli animali antropomorfi: attività sessuale online ed offline, materiale pornografico furriano, etc. Da questo termine deriverebbe il verbo to yiff, fare sesso, il sostantivo yiffer, colui che fa sesso, e l’aggettivo yiffable, sessualmente attraente. ¶ Onomatopea inventata dal role-player Foxen come termine “foxese” (lingua delle volpi) indicante un’approvazione o un saluto; solo in seguito ha assunto un’accezione sessuale sostituendo la valenza prima assegnata al termine “yip”.
YKINOX Acr. di Your Kink Is Not OK, la tua perversione non è ok. Generalmente usata in ambito BDSM, la sigla viene utilizzata per deprecare le pratiche che violano i principi SSC e RACK. Onde evitare che l’acronimo implichi un giudizio morale, alcuni membri della subcultura BDSM, appellandosi ad un principio di tolleranza, fanno utilizzo della sigla YKIOK-IJNMK (la tua perversione è ok - It’s Just Not My Kink - solo non è la mia perversione) o YKINMK (la tua perversione non è la mia perversione).
APPROFONDIMENTO: L’imperatrice cinese Wu Hu, che comandò durante la dinastia T’ang (700-900 d.C.), impose per decreto che tutti i funzionari dell’impero che le venivano a fare visita dovessero anche praticarle un cunnilinguo in segno di rispetto.
YOHIMBINA Anche quebrachine, afrodina o corinina. Alcaloide principale della Yohimbe (Pausinystalia yohimbe), pianta sudafricana della Rubiaceae. La yohimbina presente nella corteccia della pianta viene da tempo usata in Africa come afrodisiaco ma, per quanto correlate, non bisogna accomunare la yohimbina, estratto di Yohimbe, e la yohimbina cloridrato. Quest’ultimo è stato usato in ambito scientifico come potenziale farmaco afrodisiaco e antagonista del deficit erettivo. La somministrazione orale sembra aver sortito in alcuni pazienti benefici effetti, tuttavia i risultati ottenuti fino ad ora non permettono di poter affermare con sicurezza che lo yohimbina cloridrato abbia un potere afrodisiaco. L’effetto della yohimbina è da imputarsi all’azione antagonista sui recettori della serotonina tali da causare eccitazione, vasodilatazione e rilassamento della muscolatura liscia, oltre ad una vasodilatazione derivata dalla stimolazione dei recettori B dell’endotelina e al rilascio dell’ossido d’azoto. L’utilizzo di yohimbina non è privo di effetti secondari: ansia, accelerazione del battito cardiaco, aumento della pressione sanguigna e insonnia sono alcune fra le conseguenze derivanti dall’assunzioni dell’alcaloide. L’abuso di yohimbina può dunque essere molto pericoloso.
STORIA: Vorrei avvisare i mariti di non abituare temerariamente le loro mogli ad un grado di frequenza ed intensità coitale che loro stessi potrebbero essere incapaci di sostenere per un lungo arco di tempo. Vi sono molte donne di temperamento sessuale moderato che si godono con vivacità le lunghe feste d’attività erotica, nelle quali i mariti chiedono e danno il massimo, ma che poi non risentono o non soffrono quando la tempesta termina e segue la calma. Ma vi sono altre, benché esse siano probabilmente meno numerose fra le razze nordiche, che quando portate al massimo del piacere sessuale non possono modificare i propri desideri nel momento in cui il massimo non è più possibile. (Van de Velde, 1928).
YURI Nella tradizione giapponese, racconti a sfondo omosessuale femminile presentati in ambito fumettistico o cartoonistico. Possono essere a tono moderato, come negli shoujo-ai che trattano di cotte giovanili fra studentesse, o marcatamente pornografici (hentai). ¶ Giap.: giglio.
ZEBEDEI Sin. gerg. di testicoli. ¶ Dal nome Zebedeo, padre dei due apostoli Giacomo e Giovanni.
ZEE Nell’ambito del poliamore, quadrato relazionale composto da una coppia che fa sesso e da una che non lo fa, nonostante tutti e quattro vivano sotto lo stesso tetto. ¶ Etimo incerto.
ZELOFILIA Eccitazione sessuale associata alla gelosia. La persona zelofila ha la tendenza a derivare l’eccitazione da situazioni nelle quali si sente tradita dal partner. Tale parafilia, che nasconde tendenze masochistiche, presenta alcune similitudini con la crematistofilia. ¶ Dal gr. zelos, brama, gelosia.
ZENTAI Tuta aderente prodotta in nylon e/o spandex che copre il corpo nella sua totalità, sviluppata nell’ambito della danza moderna e del teatro con la finalità di eliminare la presenza dell’attore sulla scena. Esiste un feticismo specifico legato alle tute zentai e legato spandex fetish. La persona che indossa una zentai con finalità sessuali percepisce piacere dal contatto del tessuto con tutto il corpo, sente garantito il proprio anonimato in caso di esperienze esibizionistiche o può percepire la copertura totale del corpo (e della vista) come una sorta di costrizione e quindi di attività bondage. ¶ Contrazione del termine giap. ZENshin TAItsu, aderente su tutto il corpo.
TESTIMONIANZA: “Indosso la mia zentai ogni volta che posso. Mi piace uscire di casa indossando una zentai sotto i miei vestiti normali e amo anche dormirci con quelle. Metterne su due o più allo stesso tempo, anche quello è divertente” (Link)
ZERBINO Detto di persona emotivamente ed affettivamente sottomessa al partner, la cui esagerata attenzione nei confronti della persona amata non elicita in essa rispetto e stima, piuttosto solletica un istinto sadico ed opportunista tali per cui la persona zerbino viene costantemente e progressivamente sfruttata e umiliata. Dal termine derivano i colloquiali zerbinaggio, il comportamento della persona zerbino, e zerbinare, agire come una persona zerbino (es. mi sono zerbinato per lei). ¶ Da zerbinotto, termine presente in italiano dal XVII sec., derivato dal nome di un personaggio dell’Orlando Furioso scritto da L. Ariosto, a sua volta dall’arabo zirbi, tappeto, cuscino.
TESTIMONIANZA: “Gli zerbini sono i più atroci. Lo so, perché da giovane anch’io ho fatto l’errore. Quelli che vorrebbero tutto e che invece accettano il compromesso: ‘Non posso stare con te – qui mettici la cazzata che vuoi: non sono pronta, sono appena uscita da una storia importante, etc. – ma non voglio perderti come persona’. E via che parte lo zerbinaggio dell’uomo che fa l’amico nella speranza che alla fine la donna ceda. Non ci starà mai. Poi ci sono gli zerbini di relazione, quelli che si fanno calpestare quotidianamente. [...] La dignità è una cosa che si perde facilmente e che si riconquista con molta fatica”
ZIGATRIFILIA O tigatrofilia. Attrazione incestuosa di un padre per la propria figlia. ¶ Dal gr. thugater, figlia.
ZINCO Metallo presente nel corpo umano ed assunto con diversi alimenti quali: carne rossa, semi di zucca, polpa di granchio, mandorle, semi di girasole, tacchino, cereali, fagioli, frutti di mare (in special modo ostriche). Lo zinco è sovente pubblicizzato nella forma d’integratore per aumentare la potenza sessuale ma è dimostrato che non ha nessun potere afrodisiaco, cioè l’integrazione con dosi di zinco maggiori rispetto alla norma non garantisce nessun aumento del desiderio sessuale né erezioni più vigorose o stabili. È altresì vero che la carenza di zinco nella dieta genera, oltre a diversi disturbi, anche ritardo nella crescita, nella maturazione sessuale e diminuzione del volume dell’eiaculato. Lo zinco aiuta la produzione di testosterone, riduce l’ipertrofia prostatica, risulta essenziale rispetto alla stabilità della cromatina negli spermatozoi; alcuni studi hanno suggerito che lo zinco possa esercitare un effetto positivo sulla motilità spermatica. La quantità giornaliera consigliata è di 15 mg al giorno.
STORIA: Come regola generale, può essere detto a coloro che sono in salute e robusti che sarebbe meglio per voi se non eccedeste, nella frequenza delle vostre indulgenze, il numero di mesi in un anno; non potete abitualmente superare il numero delle settimane in un anno senza, a qualche livello, danneggiare le vostre energie costituzionali, accorciare la vostra vita ed aumentare la vostra suscettibilità a malattie e sofferenze. (Graham, 1837)
ZINNA Sin. gerg. e dialettale di mammella, da cui anche i dialettali zizze e sise. ¶ Dal longobardo zinna, sporgenza. → zitella.
APPROFONDIMENTO: Lo statunitense dott. Strassman è stato, fino ad ora, l’unico ad aver cercato d’indagare la correlazione fra le dimensioni del seno di una donna e il suo quoziente intellettivo. Dal campione esaminato (717 donne) Strassman scoprì una leggera correlazione inversa fra la dimensione delle mammelle e il QI, cioè più il seno è abbondante meno la donna sarebbe intelligente. Tuttavia l’esperimento di Strassman aveva pesanti difetti metodologici e non venne mai tenuto seriamente in conto dalla comunità scientifica.
ZITELLA Donna non sposata d’età avanzata. In origine il termine indicava una ragazza da marito senza che il termine avesse connotazioni negative. Nel tempo zitella ha assunto un’accezione negativa indicante una donna dalla femminilità appassita e dall’umore negativo. Anche al maschile: zitello. La forma accr., zitellona, né esalta la connotazione negativa mentre il maschile, zitellone, viene utilizzato in tono scherzoso per indicare uno scapolo impenitente. ¶ Dal ted. medievale zitze come dalanglosassone, titte, mammella; fig. fanciulla lattante, che non si è ancora staccata dal seno materno.
ANTROPOLOGIA: Fra gli Arapesh, popolo della Nuova Guinea, le bambine venivano date in sposa ai relativi mariti in giovanissima età. Se una Arapesh non era ancora fidanzata ufficialmente all’età di 9 o al massimo 10 anni, veniva considerata una vecchia zitella.
ZOCCOLA Gergalmente, prostituta d’infimo livello o, in senso lato, donna che si concede sessualmente con grande facilità; sin. di puttana, baldracca, mignotta, troia. Sovente anche al dim. zoccoletta e all’accr. zoccolona. ¶ Dal lat. sòrcula, diminutivo di sorex, icis, sorcio, topo di fogna, attraverso il napoletano zoccula.
ZOCCOLO DI CAMMELLO Vedi camel toe.
ZONA EROGENA O zona erotogena. 1) Organo o parte del corpo la cui stimolazione concorre a determinare piacere sessuale. Potenzialmente ogni parte esterna del corpo e alcune parti interne possono essere considerate erogene, questo in base alle variazioni e all’esperienza individuale ma, più nello specifico, si possono rintracciare aree comuni ad ogni essere umano. I genitali rappresentano le zone erogene più consuete: nell’uomo lo scroto e il pene (specialmente il glande), nella donna la vagina e la vulva (specialmente il clitoride). Comune al maschio e alla femmina sono la zona del pube, la zona anale e perianale, la parte interna delle cosce, il collo, le mammelle e i capezzoli, le labbra, la cavità orale e la lingua. Possono essere considerate zone erogene, anche se non comuni a tutti: le orecchie, le palpebre, la cute della testa, i piedi, il retto, le natiche, le mani, il naso. Il concetto di zona erogena e la ricerca di parti anatomiche che debbano essere necessariamente erogene può essere tuttavia fuorviante poiché il piacere sessuale derivato da tali zone è strettamente dipendente dallo stile della stimolazione e da fattori esterni fra i quali si può indicare, ovviamente, l’identità del soggetto che pratica la stimolazione in rapporto alla persona le cui zone sono stimolate. Tale variabilità soggettiva obbliga i partner a una complicità e a una confidenza sessuale senza le quali le vere preferenze e risposte sessuali rimangono nascoste. In alcuni casi, infatti, si hanno zone erogene non comuni (es. gengive, unghie) mentre la stimolazione di altre zone ritenute banalmente erogene (es. mammelle e/o capezzoli) non sortisce nessun effetto eccitante. Non solo le zone erogene variano da soggetto a soggetto ma a volte si modificano nel corso dell'esistenza del singolo individuo. 2) Per l’antropologia culturale, aree del corpo femminile che gli uomini trovano eccitanti e che le donne adornano e modificano per attrarre l’attenzione maschile. Fra queste: i capelli, il viso, il seno, il ventre, le natiche, le gambe e i piedi. Anche l’uomo possiede delle zone erogena che tende a curare con maggiore attenzione per attirare l’attenzione femminile. Oltre al viso, l’uomo tende a curare lo sviluppo e la tonicità muscolare dei pettorali, dei bicipiti, degli addominali, dei glutei e dei muscoli delle gambe. Le zone erogene, in quest’ottica, sono relative alla tradizione culturale della società in cui vive il soggetto. La teoria dello spostamento delle zone erogene, introdotta dallo psicanalista J. C. Flugel (1930), cerca di spiegare i cambiamenti dell’interesse erotico da una generazione all’altra. Partendo dall’osservazione che la curiosità sessuale maschile è meglio veicolata dalla visione di aree del corpo femminili leggermente coperte più che da quelle palesemente scoperte ed esposte, Flugel teorizzò che nel percorso culturale di un gruppo sociale i cambiamenti relativi a quale parte del corpo fosse più o meno erogena dipendessero da quali parti si fosse deciso di velare, cioè coprire e mostrare allo stesso tempo. Quindi tali aree interdette ad una visione completa ma allo stesso tempo suggerite ed intraviste, sarebbero state caricate eroticamente, dando oltretutto un indirizzo allo stile d’abbigliamento. I motivi per i quali una società deciderebbe di velare una parte del corpo piuttosto che un’altra sarebbero di vario ordine: morale, psicologico, tecnico (creazione di nuovi materiali), noia dovuta a iperesposizione, etc. ¶ Il termine zona erogena veniva usato già verso la fine del XIX sec. per descrivere come la più semplice stimolazione di alcune parti del corpo potesse generare orgasmi nei soggetti definiti “personalità isteriche”. Freud, successivamente, portò all’attenzione scientifica il concetto di zona erogena grazie alla sua teoria dello sviluppo psicosessuale.
APPROFONDIMENTO: Le donne intervistate dall’antropologa Helen Fisher riguardo la funzionalità delle loro zone erogene, elencarono in ordine decrescente per sensibilità le parti anatomiche in tale sequenza: clitoride, vagina (parte prossima all’ostio), zona prossima al clitoride, piccole labbra vulvari, vagina (parte interna), mammelle, grandi labbra.
ZONA SOTADICA Loc. legata ad un’ipotesi desueta secondo la quale, sulla Terra, sarebbero presenti zone nelle quali l’omosessualità è particolarmente diffusa e tollerata; in queste zone l’orientamento omosessuale sarebbe molto più comune che altrove. L’insieme di queste aree fu definita zona sotadica. Ad essa apparteneva il continente americano, i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, quella che una volta era considerata l’Asia Minore, l’Afganistan, il Punjab, il Kashmir, l’Indocina, parte della Cina, il Giappone e buona parte delle isole del Pacifico. La teoria della zona sotadica non ha mai trovato nessuna conferma ma l’ipotesi ebbe se non altro il merito di inquadrare l’omosessualità come un fenomeno sociologico e naturale piuttosto che una manifestazione di patologia mentale. ¶ Termine introdotto da R. F. Burton (1821-1890), esploratore ed etnologo; l’ipotesi fu proposta in appendice alla traduzione de “Le mille e una notte” compiuta da Burton nel 1885. Il termine sotadico deriva da Sotàde, poeta greco del III sec a.C., il quale compose opere licenziose d’argomento omosessuale.
ZOOANTROPIA Dimensione di chi fantastica di essere un animale o agisce in modo da mimarne il comportamento, così come avviene nel pony play o più generalmente nell’animal training. ¶ Dal gr. zoion, animale + anthropos, uomo.
TESTIMONIANZA: “Io ho fatto sogni su questa cosa e sono stati sogni molto molto vividi sulla trasformazione da essere umano a pony. Per me un cavallo ha sempre una storia legata ad essa. […] Uno dei miei sogni favoriti era quello in cui uno dei miei cavalli da dressage con indosso il cappello e la coda. D’improvviso mutavo forma ed io ero il pony e Paul mi stava cavalcando con addosso l’abbigliamento da dressage. Quindi io ero a cavallo del mio stallone da monta, cercando di acchiappare una vacca al pascolo attraverso un prato di lupini blu, quindi mi sono tramutata e Paul mi stava cavalcando, a caccia di una mucca fra i lupini blu!” (Gates, 2000)
ZOO CODE Codice linguistico d’interscambio diffusosi fra le comunità internet di persone dedite alla zoofilia sviluppato come variante dal Geek Code, inventato da Robert Hayden nel 1993. La finalità dello zoo code è di permettere agli appartenenti a tali comunità di scambiarsi informazioni autobiografiche relativamente all’argomento zoofilo. Il codice, molto complesso, si caratterizza per un’estrema abbreviazione delle informazioni in modo che in uno spazio limitato si possa raccontare il più possibile della propria vita. ¶ Il più diffuso zoo code è stato sviluppato nel 1996 da tre zoofili i cui soprannomi telematici sono Actaeon, Hobbes e Zetawoof.
APPROFONDIMENTO: Un esempio di zoo code: Zhm%DE/D/H/W a~30 Y-13/-15 EC1/D2.5+/H2.5 L1 = esclusivamente zoofilo, maschio, etero, preferenza cervi, cani, cavalli, lupi - 30 anni circa - esordio tendenza a 13 anni, prima esperienza 15 - esperienza moderata con un bovino e petting con cani e cavalli (un cane ha preso l’iniziativa) - non attivamente in cerca di partner.
ZOOFALLIA Termine di rara diffusione e dubbia origine indicante l’atto sessuale di un uomo che ha un rapporto penetrativo con un animale. ¶ Comp. dal gr. zoion, animale + phallos, pene.
ZOOFELLAZIO Stimolazione orale del pene di un uomo praticata da un animale. ¶ Comp. dal gr. zoon, animale + fellazio.
ZOOFILIA Anche zooerastia, zoofilismo. Attrazione di carattere erotico nei confronti degli animali. Con il termine ailurofilia si indica la zoofilia elettiva verso i gatti (dal gr. ailuros, gatto), con cinolagnia quella verso i cani (dal gr. kuov, kunos, cane), con erpetofilia quella per i rettili (dal gr. herpeton, rettile), con ippofilia quella per i cavalli (dal gr. hippos, cavallo). Altri termini quali bestialità e bestialismo spesso vengono utilizzati come sinonimi di zoofilia ma in genere l’utilizzo di questi avviene in contesti per i quali l’atto sessuale assume un’accezione particolarmente negativa, relativamente al fatto che il soggetto umano attui dei comportamenti violenti verso l’animale. La zoofilia non va confusa con le pratiche di zooantropia in cui un partner mima le posizioni o l’atteggiamento di un animale. È altresì cosa diversa dalle parafilie zoomorfiche (teriantropofilia) che fondono anatomia umana e animale creando un soggetto vivente (in fantasia) del tutto originale. Per quanto rari, sono stati documentati casi di esibizionismo zoofilo, nei quali l’individuo mostra i propri genitali all’animale pensando di eccitarlo o scioccarlo. La zoofilia non ha nulla a che fare con i soggetti che ritengono gli animali compagni di vita ai quali possono sentirsi legati da profondo vincolo affettivo (amanti degli animali) o con coloro che trovano nella presenza e compagnia degli animali un motivo di piacere psicofisico; da questi soggetti infatti è assente ogni pulsione sessuale nei confronti degli animali. Se la zoofilia non ha connotati di compulsività e non causa disagio significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa, o di altre aree importanti nella vita della persona, si tenderà a ritenerla una semplice variante del comportamento sessuale. La diffusione delle pratiche zoofile è di difficile determinazione in quanto il soggetto zoofilo difficilmente confessa di compire atti di questo tipo o solo anche di fantasticare di tali pratiche. È pensiero comune che la maggior parte degli atti zoofili avvenga in ambito rurale, praticato da soggetti che lavorano con gli animali e che, per motivi d’isolamento, non trovano migliore partner sessuale che non siano gli animali dei quali hanno cura; non tutti gli atti zoosessuali sarebbero quindi compiuti da zoofili. L’ipotesi fu confermata da Kinsey, il quale, nel suo noto report, segnalò che fra il campione di teenagers che vivevano in ambienti rurali, una percentuale del 40-60 per cento aveva avuto una o più esperienze sessuali con animali. D’altro canto la diffusione in internet di materiale pornografico specifico è sicuramente fruito da un’ampia popolazione ben distante dall’esperienza dell’isolamento, dell’allevamento e della vita agreste. È altresì probabile che la maggior parte dei soggetti che fruisce di materiale erotico a carattere zoofilo non pratichi nella realtà ma si limiti a fantasticare l’atto. In sé, il termine zoofilia non specifica se la persona compia atti, voglia compierli, sia appagata dalla sola fantasia o stia soddisfacendo una curiosità temporanea. Dalle descrizioni offerte dagli stessi zoofili si evince che le persone attive in tali pratiche possano essere accomunate da alcune caratteristiche. La fantasia sessuale zoofila tende a essere abbastanza precoce nella vita mentale del soggetto e le preferenze verso una certa razza di animali tende a mantenersi nel corso del tempo. Lo zoofilo è in genere una persona che si ritiene molto sensibile e che percepisce negli animali dei tratti decisamente positivi e prosociali (spesso più di quanto ne possano avere), può ritenere che l’animale abbia delle qualità che in genere mancano agli umani (onestà, fedeltà, sensibilità, etc.) e che la maggior parte delle persone che stigmatizzano le pratiche sessuali con gli animali siano fondamentalmente male informate rispetto alla base affettiva che può legare un essere umano e un animale. Gli zoofili tengono a precisare che i loro comportamenti non sono lesivi nei confronti degli animali ai quali, oltre a quelle sessuali, dichiarano di prestare attenzioni amicali instaurando rapporti affettivi (anche monogamici). La comunità zoofila compie una netta presa di posizione negativa nei confronti di coloro che mettono in atto comportamenti zoosadici (zoosadismo) e verso chi, per soddisfare le proprie pulsioni, invade l’altrui proprietà privata (in ing. fence hopping, salto della staccionata). Le argomentazioni che gli zoofili adducono a favore delle proprie tendenze sessuali riguardano da un lato la possibilità che i loro gusti siano da considerarsi non una parafilia ma un vero e proprio orientamento sessuale al pari di quello etero- od omosessuale, e dall’altro la capacità dell’animale di ricambiare in qualche modo l’affetto e la passione trasmessa dallo zoofilo, il quale ritiene i propri atti per nulla lesivi della natura dell’animale. La più comune controargomentazione alla zoofilia è di ordine etico e parte dal presupposto che l’atto sessuale verso l’animale sia un abuso nei confronti di un essere che non ha la possibilità né la cognizione di decidere per sé, come può essere per il bambino. Tuttavia, anche nei paesi in cui gli atti zoofili non sono espressamente vietati, la produzione di pornografia d’argomento zoofilo è illegale; fanno eccezione paesi quali la Danimarca, l’Ungheria e il Giappone. Praticare atti sessuali con animali può portare a contrarre infezioni specifiche di vario tipo (zoonosi), molte delle quali estremamente pericolose per la salute; vi è anche una ricca aneddotica di incidenti mortali conseguenti a rapporti con animali, specialmente se di grosse dimensioni. → zoo code. ¶ Il termine fu introdotto la prima volta nel campo della ricerca da Krafft-Ebing nel suo libro “Psychopatia Sexualis” (1886); dal gr. zoion, animale.
APPROFONDIMENTO: In un sondaggio internet al quale ha partecipato un campione di 16.339 individui, sia maschi che femmine, si è chiesto se si fossero mai avute esperienze sessuali con animali. 217 persone (1,32%) hanno risposto “frequentemente”, 1807 persone (11,05%) hanno risposto “qualche volta”, l’87% ha risposto “mai” mentre l’1% ha preferito non rispondere. Interrogati su quali fossero gli animali più usati per pratiche sessuali, 1710 soggetti hanno indicato il cane, 125 il gatto, 118 il cavallo, 41 la mucca, 22 il criceto, 15 il serpente e 58 hanno indicato “altro”. (Link)
ZOOLINGUO Atto sessuale di una donna che si fa stimolare oralmente i genitali da un animale. ¶ Comp. dal gr. zoion, animale + lat. lingere, leccare.
ZOONECROFILIA Forma di necrofilia in cui gli animali deceduti vengono usati come oggetto sessuale. Il soggetto può uccidere l’animale e poi avere un rapporto con esso od utilizzare un animale già morto. È raro che il soggetto zoonecrofilo si limiti nel corso della propria vita a rapporti sessuali con animali morti. Così com’è probabile che il comportamento dello zoosadico evolva dall’uccisione di animali all’omicidio, così è probabile che la zoonecrofilia esiti successivamente in necrofilia con ricerca di cadaveri umani; l’aneddotica relativa alla zoonecrofilia mostra come i soggetti che la praticano presentino un quadro di personalità sovrapponibile a quella dei necrofili. Quasi mai lo zoonecrofilo è anche uno zoofilo. ¶ Dal gr. zoion, animale + nekros, morto.
APPROFONDIMENTO: Il ventenne Bryan James Hathaway di Superior (Wisconsin) è stato accusato di aver fatto sesso con un cervo morto dopo averlo trovato sul ciglio della strada. Le autorità riferiscono che il ragazzo si sia giustificato dicendo che aveva notato il cervo sdraiato in un fosso e che aveva deciso di spostare la carcassa nel bosco. Il soggetto, nel 2005, era già stato condannato per aver sparato ed ucciso un cavallo di nome Bambrick in modo da poterci fare sesso. (Link)
ZOOPSIFILIA Altrove faunofilia, zoopsilagnia o mixoscopia zoofila. Condizione di chi trae piacere sessuale dalla visione di due animali che si accoppiano. In genere la zoopsifilia non è correlata con la zoofilia né con il voyeurismo ma è piuttosto specchio di desideri e fantasie sessuali represse che vengono attivate in modo vicariante dalla visione di un rapporto sessuale fra animali che rappresenta l’istintività degli impulsi. La visione di due animali che si accoppiano, quindi, dimostra l’istintiva realizzazione di una cosa che evidentemente desidera inconsciamente il soggetto che sta osservando; per questo è molto probabile che si tratti di soggetti con una o più fantasie sessuali represse. ¶ Dal gr. zoion, animale + opsis, vista.
TESTIMONIANZA: “Non prendere questo nel senso sbagliato, ma la prima volta che ho fatto accoppiare uno stallone con una puledra, wow, la cosa mi ha svegliato […] Tutto questo ‘corteggiamento’ mi affascinò e se da una parte NON avevo il desiderio di essere attiva con uno dei miei stalloni, guardarlo corteggiare la puledra è stato assolutamente erotico […] NON stavo fantasticando di cose zoofile, ma di essere una puledra di razza sauro chiamata Giulietta e che un grosso stallone baio chiamato Romeo stesse struggendosi per me” (Gates, 2000)
ZOOS Furvert interessato a concretizzare parzialmente le proprie fantasie facendo sesso con veri animali. → teriantropofilia.
ZOOSADISMO Tendenza di chi è incline a trarre piacere di ordine psicosessuale da atti di crudeltà verso gli animali. L’avisadismo ne è un esempio specifico. Lo zoosadismo è un comportamento di tipo patologico mostrato da alcuni soggetti nella prima infanzia, sovente con una storia personale di abusi subiti dai genitori, ed è uno degli elementi della triade di Macdonald (1963) che mira ad identificare i tre fattori precursori della sociopatia e del serial killing (gli altri due fattori sono la piromania e l’enuresi); lo zoosadico, quindi, è potenzialmente incline a trarre piacere dall’infliggere sofferenza anche agli umani. È necessario distinguere fra uno zoosadismo violento e reiterato e i pur deprecabili atti di crudeltà verso i piccoli animali (insetti e rettili) che alcuni bambini mettono occasionalmente in essere spinti da curiosità. Va anche posto un distinguo fra zoosadismo e zoofilia: il soggetto zoosadico non è attratto sessualmente dagli animali né prova simpatia per essi, gli atti distruttivi nei loro confronti sono solo un modo in cui il sadismo si manifesta. Di fatto l’animale è un capro espiatorio di tendenze sadiche ed aggressive che vorrebbero essere riversate verso gli umani e che trovano nell’animale una vittima più facile da colpire e meno responsabilizzante nel caso si venga scoperti. Quasi certamente il soggetto zoosadico che non venga limitato nelle sue azioni (e seguito psicologicamente) tenderà ad assuefarsi alla propria violenza. Nel caso lo zoosadico abbia rapporti sessuali con animali questi saranno improntati alla sopraffazione e all’aggressività (zoostupro). ¶ Termine introdotto dallo psicanalista Ernest W. J. Borneman. Dal gr. zoion, animale + sadismo.
ANTROPOLOGIA: Anni orsono gli abitanti di Tinos, isola greca delle Cicladi, decisero di eleggere un pellicano maschio come loro mascotte. Il povero volatile però fu trovato morto in un bagno pubblico per emorragia interna; l’autopsia praticata da un veterinario mise in luce il fatto che il pellicano era stato violentato sessualmente. Il colpevole era il marocchino 28enne Abdel Brim Talal che dovette essere salvato dalla polizia perché una folla d’isolani era pronta a linciarlo.
ZOOSTUPRO Abuso sessuale compiuto da un uomo nei confronti di un animale. ¶ Dal gr. zoion, animale + stupro.
ZOOT-SEX Nell’ambito della teriantropofilia, atto sessuale praticato con una persona vestita con un costume da animale reale o fantastico.