06/09/2022 - I Parte : Prima puntata di VHS Convivio, ovvero del mio incontro con l'ex professore di storia e filosofia Arturo Seregni, incontro nel quale si discorrerà liberamente di vari argomenti: storia, filosofia e psicologia, riportando quest'ultima nel suo originario alveo umanistico.
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AP: Il discorso è: che posto ha, secondo te, Arturo, la filosofia nei nostri tempi, in un’era così tecnologica che all’apparenza è così distante dalle materie umanistiche e dalla riflessione filosofica. C’è un posto ancora per la filosofia, non solo quella attuale che immagino sia aggiornata, ma anche quella classica? Cioè, ha ancora senso parlare di Parmenide, di Eraclito…?
AS: Circa Parmenide ed Eraclito è molto difficile rispondere perché, prima di tutto, sono autori dei quali possediamo pochissimo come testi, noi abbiamo solo frammenti e quindi lo spazio dell’interpretazione, e anche dell’invenzione interpretativa non arbitraria ma altamente aleatoria, è molto ampia. Quindi lasciamo perdere Parmenide…
AP: Sì, io avevo solamente citato due persone…
AS: Parliamo più appropriatamente di Platone e Aristotele perché nel caso di Aristotele abbiamo un corpus di scritti molto ampio e, nel caso di Platone, anche troppo ampio, nel senso che alcuni degli scritti che gli vengono attribuiti forse non sono stati scritti veramente da Platone. Invece, nel caso di Aristotele, tuttora mancano sicuramente degli scritti importantissimi per i quali gli specialisti non hanno perso la speranza di poterli recuperare, ma è chiaro che è una speranza che diminuisce di anno in anno. Non è del tutto impossibile che nei sotterranei di qualche biblioteca si trovi qualche libro…
AP: La Commedia di Aristotele della quale si parlava ne Il Nome della Rosa!
AS: Può capitare ma più passa il tempo più diventa improbabile. Quindi, di Aristotele ci mancano delle opere. Di Platone, invece, abbiamo forse fin troppo. Comunque si tratta di due autori che possiamo dire di conoscere molto bene a differenza di Parmenide ed altri… AP: Ma tutti questi personaggi classici… noi adesso abbiamo citato quattro soggetti filosofici, ma poi c’è anche Hegel, Kant, tutti… Ecco, 2022… social, influencer, youtuber, noi… il paradosso è anche questo…
AS: Scusa se ti interrompo. Noi è centrale, non è un paradosso! La filosofia deve riguardare l’atteggiamento personale di fronte alla vita, non è un’esercitazione intellettuale o culturale astratta. La filosofia è qualcosa che deve coinvolgere la propria posizione nell’esistenza. Il che non vuol dire che la filosofia debba essere solo filosofia dell’esistenza, ma anche la filosofia delle cose più astratte… La filosofia dell’aritmetica, per esempio. Una persona può dire: “Vabbè, è una cosa interessante se ti interessa la matematica ma non riguarda la vita personale”. Il che è un po’ anche vero ma non del tutto, perché queste materie interferiscono attraverso tanti canali col modo in cui noi viviamo, con tutto lo sviluppo della società… Si tratta di cose che in modo più mediato riguardano anche noi stessi nella nostra individualità. Nella filosofia, a differenza di altre discipline più distaccate dalla singola persona, la singola persona entra in gioco a tutti i livelli. Ovviamente se parliamo dei grandi temi (se Dio esiste, se la vita ha senso, che cosa è giusto e cosa sbagliato, come si dovrebbe organizzare la società) questi sono, definiamole così, grandi tematiche metafisiche, sociali, esistenziali; in questo caso è evidente che la soggettività, la personalità dell’individuo che se ne occupa entra in gioco. Ma quest’ultima entra in gioco anche se ci occupiamo di cose molto più lontane dall’emotività quotidiana come: “Che cos’è l’aritmetica?”. Questa è una classicissima domanda della storia della filosofia moderna ma anche antica, se vogliamo, con tutti i cambiamenti e i passaggi che si devono fare per comprendere la filosofia di altre epoche. Ma nella filosofia del Novecento, la domanda “Che cosa è l’aritmetica? Come funziona? Che fondamenti ha?” è un classico. Questa è una questione evidentemente anche molto astratta, però è anche una questione estremamente molto appassionate se te ne occupi, e poi, se ci pensi, è una questione il cui contenuto, la cui materia, cioè l’aritmetica, pervade tutta la nostra vita. Se ci pensiamo, è impressionante quanto l’aritmetica penetri in profondità nei nostri comportamenti quotidiani, dalle cose più semplici, come andare a far la spesa chiedere lo scontrino e pagare, fino a discorsi più complessi che arrivano a livelli complessi o modernissimi come, ad esempio, tutta la sfera legata all’informatica e ai computer.
AP: Che è una cosa molto attuale…
AS: È una cosa assolutamente attuale e che ha certamente determinato un cambiamento epocale perché il mondo cambia tantissimo da molti punti di vista ma a me sembra che uno dei cambiamenti più importanti avvenuti negli ultimi decenni sia stata l’irruzione sulla scena culturale, e ancor di più sulla scena economica e della vita quotidiana, del computer. Il computer inteso come macchina e l’informatica intesa come disciplina logico matematica. Questo è un salto immenso ed è anche un territorio sterminato. Io non sono uno specialista della materia ma ho degli amici che lo sono, e con loro ho scambiato qualche opinione; a me sembra che l’avvento il computer sia qualcosa che abbia rimescolato anche le carte di discipline più tradizionali come la filosofia della matematica e dell’aritmetica. Si tratta di cose che sono, in una certa misura, sempre le stesse, ma sono anche cambiato ovviamente, per l’importanza immensa che il computer e la sua teoria hanno assunto da tutti i punti di vista. Prima di tutto il computer è una macchina strabiliante intesa dal punto di vista ingegneristico; una macchina che ha dei risultati eccezionali anche se, in sé, relativamente semplice per certi versi. D’altro canto, il computer si connette con problematiche che sono antichissime, profondissime, e sono d’immensa importanza, perché riassumendo ai minimi termini la questione come la può vedere un profano come me, e come penso sia tu, che ne sai più di me ma non come un tecnico… Ecco, dal punto di vista di un profano, e credo anche dal punto di vista dei teorici, degli informatici professionisti, e dei filosofi dell’informatica, c’è questa domanda che ci si può porre e che ci si deve porre: “Fino a che punto il mondo, la realtà, è calcolabile?”. Perché, in linea di principio, il computer funziona fino a quando la realtà è calcolabile, se c’è un limite della calcolabilità, quello è anche il limite del computer. E, viceversa, se il computer può dominare ogni aspetto della realtà, allora la realtà è interamente riconducibile al computer. Tutta la realtà, compreso anche il vivente, quindi la biologia, e anche la mente. Apro una parentesi: tu, personalmente, cosa ne pensi?
AP: Questa è una bella domanda. Diciamo che, dopo il primo step del computer macchina che lavora per l’essere umano, per sgravarlo del peso del lavoro, adesso siamo già arrivati al livello del computer che tiene compagnia all’essere umano in una dimensione cognitivo-emotiva. Per cui ciò che fa il computer non è più solo labor, fatica, non è più “io faccio fare a te delle cose che prima mi spaccavano la schiena”, ora abbiamo una dimensione più intima nel rapporto uomo macchina. Quindi, non dico che la conseguenza ovvia sia che il computer superi l’essere umano nella sua dimensione cognitiva ma anche emotiva ma non può essere escluso che sia uno degli esiti, quasi evolutivamente, come dire che l’essere umano ha dato vita… Questa è una mia idea da film di fantascienza… a una forma di vita estremamente diversa dalle forma di vita organiche che però poi prosegue per un suo percorso di autonomia assoluta.
AS: Io premetto una cosa che va sempre premessa in questi discorsi, ovvero che non me ne intendo a sufficienza. Qualcosa so ma non a sufficienza. Aggiungo due altre considerazioni. La prima è che io ho l’impressione, confermata anche da personalità autorevolissime, che anche i più esperti siano consapevoli di essere poco esperti. Cioè, è una materia sulla quale il grado di padronanza cognitiva a disposizione anche delle persone ai massimi livelli sia per ora molto basso. Ma è chiaro che ci sono delle prospettive di progresso idealmente illimitate. Ci si può porre un’altra domanda: “Si può sempre migliorare cercando di arrivare a una totale riduzione di tutta la realtà nel computer?”. Mi spiego meglio perché capisco che detto così possa sembrare una dichiarazione un po’ oscura. Si può pensare che il vissuto, la soggettività, la vita come esperienza vivente si riduca interamente a qualcosa che è equivalente a un computer? O, visto dall’altro lato, un computer può diventare un vero e proprio soggetto? È un’idea un po’ fantascientifica…
AP: Sì, il concetto di singolarità, quando il computer diventa cosciente, un soggetto.
AS: È una fantasia che è stata spesso accarezzata nei film e nei romanzi di fantascienza, e in parte anche dagli scienziati e dai filosofi. La mia impressione da profano della materia, è che rispetto a questa idea, i progressi fatti in quella direzione siano zero. Cioè, sono stati fatti dei progressi anche grandissimi sulla calcolabilità artificiale, ma sul piano della vera e propria intelligenza artificiale si sia totalmente a zero.
AP: Può anche essere che non vi sia un interesse industriale a sviluppare quel tipo di intelligenza. Cioè, perché l’industria dovrebbe voler creare un oggetto, di fatto, una macchina che dovrebbe essere al nostro servizio e che però, a un certo punto, si ribella? Se non in una chiave di novello Prometeo, di nuovo dottor Frankenstein, che decide di rubare il dono della vita a Dio…
AS: E sarebbe proprio così. L’idea è proprio quella di una macchina che a un certo punto diventa un vero soggetto e quindi potrebbe ribellarsi.
AP: Certo, e però non credo che questa sia la finalità principale di chi sta sviluppando l’intelligenza artificiale.
AS: Personalmente sono incline a pensare che si tratti di una cosa radicalmente impossibile e anche insensata.
AP: Tu credi che sia impossibile che un computer possa giungere a un livello di totale autocoscienza e autonomia, oppure impossibile che qualcuno si impegni nello sviluppo di questa cosa?
AS: Io penso entrambe le cose, la seconda come conseguenza della prima. Mi spiego. Siccome a me sembra, e forse a tutti sembra sia impossibile… ma è impossibile non perché non ce la facciamo ma perché non ha senso in linea di principio. Se è così, e credo che tantissimi abbiano questa sensazione, è chiaro che anche la motivazione a impegnarsi in quella direzione si indebolisce.
AP: Però il sogno del mad doctor… il sogno di generare vita dalla materia inerte è letterario, è metafisico, è umano. Perciò qualcuno potrebbe impegnarsi in questa cosa folle e controproducente solo per superare Dio…
AS: Certo, e sarebbe così, sarebbe effettivamente così se fosse possibile. Però, in realtà, nessuno si impegna in questa prospettiva…
AP: Sì, perché penso che sia una cosa parecchio impegnativa e fatta solo per fare un torto alla divinità…
AS: C’è anche questo aspetto ma probabilmente, anzi, sicuramente circa questo fattore qualcuno lo farebbe. Come, ad esempio, passando ad altre epoche della storia umana, si è sempre detto che gli dèi risiedevano sull’Olimpo, e lo dicevano e forse molti ci credevano. A un certo punto io mi sono chiesto: “Ma se lo pensavano veramente, come mai nessuno ha provato ad andare sull’Olimpo? Andiamo a trovare gli dei! Se sono là sull’Olimpo saliamo… è dura salire sull’Olimpo, però se vai lì e incontri Zeus, Apollo… forse facciamo quattro chiacchiere… magari ti ammazzano, però insomma…”
AP: Non so, magari avevano paura di invadere un territorio sacro… Magari qualcuno lo ha anche fatto ed è finito in qualche crepaccio.
AS: Forse qualcuno ma probabilmente molto pochi. Non lo sappiamo. In generale, le credenze che hanno questa forte connotazione irrealistica e derealistica non vengono messe in pratica, salvo eccezioni.
AP: È anche una questione della legge dei grandi numeri legati all’estensione del tempo. In realtà, gli essere umani vivono poco e non si rendono conto di cosa può succedere in un lunghissimo lasso di tempo. Noi viviamo mediamente 80 o 100 anni, perciò abbiamo in mente il secolo o il millennio. Sì ma 100000 anni? Un milione di anni? Da oggi ad un milione di anni, cosa possono sviluppare gli scienziati? Un milione di anni è un’enormità di tempo per cui, in questo milione di anni, non è detto che non ci sia qualcuno che, in maniera controproducente, investa anche soldi in perdita per sviluppare una macchina che darebbe come profitto solo la ribellione stessa al suo creatore…
AS: Be’, se uno riuscisse a farlo sarebbe una cosa pericolosa per l’umanità nel suo complesso ma per quello che l’ha creato potrebbe essere una fonte di guadagno immensa, cioè potrebbe diventare il padrone del mondo in senso letterale. Ma siamo a mio giudizio nella sfera della fantasia…