Facciamo un gioco. Cosa mi rispondereste se vi chiedessi 10 euro per restituirvene, diciamo due minuti dopo, 15? Probabilmente accettereste, io lo farei. Se invece vi chiedessi 10 euro e, dopo due minuti, ve ne restituissi 10? Be’, se aveste due minuti da buttare e foste interessati a capire dove si voglia andare a parare, probabilmente accettereste questo bizzarro gioco. E se invece vi chiedessi 10 euro per restituirvene, dopo due minuti, solo 5? Nessuno accetterebbe di essere derubato così smaccatamente? Bene, adesso vi racconto una storia di molti.
Nove di mattina. C’è un uomo alla fermata del bus, solo alla pensilina. All’improvviso, al solito modo del destino, arriva una donna e i suoi occhi belli. I due si guardano in viso per pochi ma significativi secondi; l’uomo si chiede se quella donna lo stia guardando per interesse o, presa in contro-tempo dai suoi occhi, restituisca solo uno sguardo di sorpresa. Il bus arriva. Lei si siede nel mezzo. Lui, che deve timbrare, sale dalla porta anteriore per poi avviarsi verso il fondo. I due hanno ancora l’occasione di guardarsi negli occhi, e la colgono. Lui si siede dietro ma sul lato opposto. Arrivati al capolinea, lui scenderà per primo e lei dopo. L’uomo farà alcuni passi per poi voltarsi e cercare un ultimo sguardo di lei ma, al solito modo del destino, alcune persone bloccano con il loro corpo l’ultimo possibile sguardo. Perché, secondo voi, non l’ha approcciata? Non c’erano tutti i segnali ma, in fondo, ce n’erano di buoni; perché allora non l’ha fatto? Partendo dal presupposto che il suo approccio fosse cortese e misurato, anche in caso di risposta negativa, cosa avrebbe rischiato? Il problema sta nel gioco di cui sopra. In realtà, quando tentiamo un approccio con una persona che ci interessa, fermo restando la nostra cortesia, abbiamo solo due esiti: o vincere inaspettatamente una somma sensibile partendo da un investimento minimo, oppure tornare a punto zero esattamente con gli stessi soldi giocati. Si tratta di un gioco a rischio zero. Eppure, psicologicamente, viviamo queste eventualità pensando solo agli esiti estremi e, in molti casi, all’estremo negativo, cioè che si venga defraudati del capitale. Cosa, in effetti, rischiamo di perdere?
La faccia, si direbbe sulle prime. Non è così, infatti immaginate che qualcuno che non vi interessa vi approcci con cortesia accettando con la stessa cortesia un vostro “no”. Secondo voi questa persona ha perso la faccia o, invece, ha fatto qualcosa che in qualche modo vi ha lusingato? Chi ci lusinga non perde la faccia. Cosa, allora? Ciò che si teme di perdere è una frazione della propria autostima, del proprio senso di efficacia, si teme di subire una ferita narcisistica. Ma succederebbe davvero questo? No, è esattamente il contrario. In primo luogo le persone, e ve lo dice uno terapeuta che conosce il privato di molti, sono più timorose e timide di quello che potete immaginare e stimano molto, nonché invidiano coloro che hanno il coraggio e, perché no, la faccia tosta di metterci la faccia. In secondo luogo, solo sulle prime si ha l’impressione di aver scampato il pericolo di un’umiliazione ma già dopo pochi minuti inizia ad emergere l’orribile sensazione di aver perso un’occasione forse irripetibile e questo sì che crea una ferita narcisistica, un piccolo ma sensibile danno all’autostima e al senso di efficacia, perché davvero efficaci si sarebbe stati solo aprendo quella porta che la paura vuole serrata. Com’è finita la storia? L’uomo è tornato due volte alla stessa fermata e alla stessa ora nella quale aveva visto quella donna nella speranza di poterla rincontrare ma la vita è spesso un gioco di tempismo e sa essere impietosa con chi non coglie l’attimo. Lui non l’ha mai più vista. Riecco i vostri 10 euro.