Ci sono figure mitiche dure a sparire dall’immaginario collettivo: i draghi, i fantasmi, quello del piano di sopra che non fa cadere delle biglie d’acciaio sul pavimento alle tre di notte e, poi, l’amore in cui non vi sia dipendenza. Alla faccia dei mille aforismi del “chi fa da sé fa per tre”, contro quello che vi consigliano gli asceti social e a differenza di ciò che vi dice l’amico/a dal cuore ferito, vi rivelo un assioma psicologico che avete sentito dire poche volte da uno psicologo solo perché, come Oscar Wilde, noi amiamo essere fraintesi: LA VERA INDIPENDENZA AFFETTIVA SI FONDA SULLA CAPACITA’ DI DIPENDERE.
La dipendenza/indipendenza non è un tutto o nulla ma una sottile linea senza soluzione di continuità che va da una dipendenza sana e sicura ad una dipendenza patologica che può manifestarsi come la ricerca disperata di un partner che regoli il nostro Sé, oppure come fuga assoluta dalla relazione poiché minaccia il nostro Sé. Saper provvedere a noi stessi, quindi, non significa esser indipendenti dagli altri; sempre che lo si possa essere davvero, poi. D’altro canto, che la fiducia in se stessi e la fiducia negli altri siano cose complementari non sono stato io a dirlo per primo. Sfortunatamente, nel tempo, è stata promossa questa ciarlataneria della separazione fra dipendenza e indipendenza che ha spinto molti a idealizzazioni distorte su come potessero o dovessero rappresentarsi in una relazione affettiva, ivi compresa la folle idea che l’incontro con l’altro non sia, o non debba essere, un processo di trasformazione per sé e per il partner.
Poi, basta che la persona della quale siamo invaghiti tardi di qualche ora a messaggiarci - cos’ho detto? Qualche ora? Facciamo qualche minuto - e si torna in contatto con la nostra natura, ci si sente troppo fragili, ci si ripromette che bisogna sapersi controllare, che bisogna fregarsene, che adesso mi faccio desiderare io e poi vediamo! Funziona? Mai! E perché? Perché una delle nostre primarie necessità come esseri umani è essere riconosciuti da un altro essere umano come entità reali e necessarie; figuratevi quanto possa essere importante l’essere riconosciuti reali, presenti, essenziali, unici da chi amiamo! Viviamo nell’ondivaga necessità di essere sia autonomi sia dipendenti da questo riconoscimento offerto dalle altre persone, dallo svincolarci dalla loro approvazione e contemporaneamente aderire a qualcosa che possa farci sentire parte di un gruppo, di una coppia. Stare insieme - lo stare insieme sano, intendo - è la progressiva consapevolezza di percepire il NOI DUE come una dimensione essenziale. È esattamente a causa della percezione dell’altro come entità diversa, e non dalla percezione del “noi due” come un’unica entità, che l’esperienza della coppia ha un impatto emotivo così profondo. La grandezza dell’amore di coppia sta nella contemporanea percezione di due persone di non vivere più nella necessità di dover provvedere da soli a qualsiasi cosa ma che, invece, si riceva, dall’esterno e da un altro individuo, un nutrimento così essenziale. Quindi, sappiate che la vostra incazzatura per il prossimo messaggio che arriva in ritardo è approvata dalla psicologia come reazione sana. Perlopiù.